Mercoledì 24 Aprile 2024

Il mundial, le critiche e il Paese diviso. Così Bearzot riuscì a (ri)unire l'Italia

La lezione del ct: tirò dritto, difese i suoi ragazzi chiamati l’Armata Brancazot e vinse. Lunedì esce il film su Spagna 1982

Enzo  Bearzot portato in trionfo dagli azzurri dopo la vittoria nei Mondiali del 1982

Enzo Bearzot portato in trionfo dagli azzurri dopo la vittoria nei Mondiali del 1982

Roma, 16 giugno 2022 - Lo hanno chiamato scimmione, gli hanno buttato le noccioline in panchina e la sua Italia era per tanti l’Armata Brancazot, la parodia calcistica della sgangherata banda di Vittorio Gassman. Come ha fatto Re Enzo a ribaltare il mondo in quei giorni di fuoco di Spagna ‘82? Come ha potuto trasformare le critiche più astiose e prevenute nella festante apoteosi del Bernabeu? Quel viso scolpito nella roccia, quella faccia fiera e orgogliosa da grande capo indiano spiegano già tante cose. Il resto lo fanno le radici affondate nel fogolar furlan, una terra ruvida e generosa, dove i valori umani e la lealtà vengono al primo posto. E poi la milizia nel Torino del dopo Superga, l’orgoglio granata che Bearzot, difensore e mediano nella seconda metà degli anni Cinquanta, ostentava come un totem.Non bastassero le stigmate del carattere, ecco la lezione, più umana che tecnica, di Nereo Rocco, sulla panchina del Toro. L’apprendista Bearzot impara dal ruvido Paron i valori del gruppo , la tenacia, la forza d’animo per superare gli ostacoli più duri. Dal satanassso triestino non imparerà mai l’ironia corrosiva e la battuta tagliente. I sorrisi e i gesti di tenerezza li riserverà solo ai suoi fedelissimi vestiti di azzurro: Tardelli, Rossi, Cabrini e Zoff, il suo alter ego in campo, l’uomo che dopo il trionfo del Bernabeu lo saluta con un bacio sulla guancia, più intenso e virile di tanti abbracci. Corazzato nell’animo da questa scuola di vita, Enzo ha altre armi per combattere l’astio dei giornalisti che lo mettono nel mirino: la musica classica, le storie di Tucidide, le biografie dei grandi condottieri, la sua collezione di pipe. Tutti strumenti che lo aiutano a chiudersi in una oasi protetta, dove il fragore delle bombe calcistiche arriva attutito.

In Spagna ‘82 deve combattere il furore dei giornalisti romani, inviperiti per l’esclusione di Pruzzo a vantaggio di Paolo Rossi, così sottile, esanime, impalpabile dopo il ciclone del calcioscommesse, che l’ha bloccato per due anni. E poi c’è il fuoco amico di Matarrese, il rampante presidente della Lega, che dopo una pallida amichevole a Braga, a pochi giorni dal Mundial, prevede catastofi azzurre e silura virtualmente Bearzot. Enzo, ribattezzato il Vecio dalla penna nobile di Mario Arpino, difende la sua banda di alpini del pallone, ne coltiva il talento, ne rafforza il senso del gruppo. E a una ragazza che invoca a gran voce Beccalossi, il fantasista dell’Inter ignorato dal ct, Bearzot rifila un sberla in pubblico, che diventa caso nazionale. Il tormentato cammino di Vigo, nella fase eliminatoria, conclusa con il discusso pareggio col Camerun, esaspera le tensioni con i giornalisti. E quando qualcuno scrive che Rossi e Cabrini dividono la camera non solo come compagni di squadra, il clan Italia decide che la misura è colma. Silenzio stampa, Zoff unico portavoce della squadra e nazionale chiusa nel suo bunker di silenzio assordante.

Il miracolo Mundial nasce qui, dentro il fortino di Bearzot e nella sua lucida follia di condottiero. Rossi diventa serpente contro il Brasile, ruba i segreti del tempo ai difensori avversari e risorge con una tripletta sul prato del Sarria di Barcellona. Lì Re Enzo capisce che può vincere il Mundial, che il percorso di una vita può chiudersi nel modo più grandioso. Pablito a fine gara si aspetta i complimenti del suo ct ma Bearzot non gli regala neppure un sorriso: "Pensiamo a vincere la semifinale con la Polonia". Ma la magica macchina che governa il calcio e gli eventi della vita ha già mosso i suoi diabolici ingranaggi. In fondo al viale c’è la notte del Bernabeu con il gol di Rossi, l’urlo da poster di Tardelli e il presidente Pertini che salta scatenato in tribuna come un giovane tifoso.

Ora Bearzot sa che fra i grandi della storia del pallone c’è anche il suo nome. E l’Italia può scendere nelle piazze a festeggiare il piu bello e inatteso dei trionfi. Cala il sipario sugli anni di piombo e comincia una stagione di speranze.