Lione, ruggito scudetto con gli scarti d’Italia

Da Garcia a De Sciglio a Paquetà: dopo aver eliminato la Juve in Champions la squadra si è laureata regina d’inverno davanti al Psg

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"Una grande squadra si costruisce con un grande centrocampo". Era lo scorso agosto e il Lione di Rudi Garcia aveva appena infiammato la parte meno glamour della Francia del pallone, perlomeno rispetto ai ricchi ‘fighettini’ del Psg. Aveva eliminato la Juve e addio al sogno di alzare la Coppona solo contro chi poi la vincerà: il Bayern Monaco. Sembrava exploit del folle calcio al tempo del Covid. E invece.

Quell’idea sul "grande centrocampo" l’aveva tirata fuori uno che di Grande Centrocampo se ne intende: Juninho Pernambucano, brasiliano, uomo simbolo de ‘Les Lyonnais’ e ritenuto il miglior tiratore di punizioni della storia. Non per dire, ma proprio lui ha inventato un nuovo modo di calciarle. Dunque, di piedi se ne intende. E quindi, quando da ds del Lione nell’agosto scorso lanciò quel proclama, si pensò a chissà quale colpo di mercato. A chissà quale talento avesse nel taschino. E invece a fine settembre arriva il mancino Paquetà.

Sì sì, ‘quel’ Paquetà. Ritenuto uno degli acquisti peggiori della storia del Milan, considerando i 35 milioni spesi dall’allora ds Leonardo. E anzi, chissà che festa a Milanello quando l’affare si chiude a una ventina di milioni con il Lione. Ok, 14 milioni buttati ma poteva andare peggio. E invece è andata meglio, molto meglio al Lione che è un po’ la succursale degli ‘italiani’ rottamati: da Rudi Garcia - unico tecnico, da romanista, in grado di competere con la Juve degli Invincibili, sarà bene rammentarlo ogni tanto – a De Sciglio, fino a Paquetà. Quando arriva al Lione la critica è ovviamente fredda. I più ottimisti dicono che in ogni caso ai tempi del Flamengo ricordava in modo impressionante il ‘primo Pastore’, inteso come Javier. Il timore è invece che Paquetà somigli al secondo, quello di Psg e Roma.

Le prime partite sono in stile rossonero, poca cosa ma è anche normale. Lucas è arrivato a campionato iniziato e deve inserirsi. Garcia lo piazza nel suo 4-3-3 da mezz’ala destra, con Aouar dall’altra parte e Thiago Mendes a fare regia. E’ il decollo. In quel sistema di gioco Lucas domina la scena. Non solo qualità, ma anche palloni recuperati per ripartire svelti. Ci mette poco a ritagliarsi un ruolo da leader in una sorta di triumvirato eletto da Garcia. Se a Roma Rudi aveva De Rossi, Strootman e Totti, chi comanda al Parc Olympique Lyonnais è fin troppo evidente: "Depay, Paquetà e De Sciglio sono i leader della mia squadra", racconta il tecnico francese che poi spiega come l’arrivo di Lucas e Mattia abbiano rappresentato "la chiusura definitiva del cerchio".

E così, il Lione che a ottobre era quattordicesimo, appena una decina di giorni fa si è laureato campione d’inverno anche se per un punto sopra a Psg e al Lille – con il quale Garcia ha già strabiliato il mondo – squadre con le quali si giocherà il titolo fino alla fine, spera il presidente Aulas, che adesso gongola: "Paquetà l’ho pagato la metà di quello che l’ha pagato il Milan". Il Lione la vetta della classifica l’ha perduta nell’ultimo turno di campionato: un gol a tempo scaduto di Leya è costato la prima sconfitta casalinga della stagione contro il Metz. Ora insegue, ma nulla è impossibile se in squadra hai Paquetà il giocatore che, sentenzia France Football, ha la media voto più alta dell’intera Ligue 1. Forse Lucas non sarà mai il nuovo Kakà ma, come scrive l’Equipe: "Ci si aspettava un artista, piuttosto lento e raffinato, abbiamo scoperto un guerriero con un piede al cachemire".