Bergamo, 24 gennaio 2022 - Sotto la maglietta del campione c’è un ragazzo fragile, con le sue paure, i suoi demoni nascosti, acquattati anche per anni, pronti a emergere all’improvviso. Un nuovo blackout ha spento la luce di Josip Ilicic. Il fuoriclasse sloveno dell’Atalanta, 34 anni tra pochi giorni, da un paio di settimane è stato risucchiato da un buco nero che lo sta bloccando. Come calciatore. E come uomo dalla storia particolare. Un bimbo cresciuto sotto le bombe e i rastrellamenti etnici della guerra in Bosnia, che lo hanno privato del padre quando aveva un anno. La sua famiglia, croata nell’enclave serba della bosniaca Prijidor, costretta a fuggire in Slovenia. Per provare a raccontare, e comprendere, la complessa vicenda di Ilicic bisogna partire da questo tragico inizio per un bimbo profugo, che scoprirà di avere un talento immenso nei piedi. Quelli con la sua classe nel calcio dell’ultimo decennio sono stati pochi. A frenarlo la discontinuità. Dall’estate 2020 si è compreso il perché. Per i suoi demoni, per anni rimasti ingabbiati nella sua testa, emergendo a intermittenza, prima di sprigionarsi dopo un altro evento terrificante: la pandemia Covid che ha travolto Bergamo, falcidiando 6mila vite in tre settimane da incubo. Notti insonni con le sirene delle ambulanze a squarciare il buio, le lugubri carovane dei mezzi militari che sfilano nelle strade deserte, trasportando le bare. Quelle sirene, quelle bare, riportano l’uomo adulto Ilicic, il campione, il padre di due bimbe, indietro nel tempo, alle sirene della Bosnia, alle bombe, ai suoi spettri. Inghiottendolo nel buco nero: dopo il lockdown Ilicic riappare dimagrito, svogliato, assente. Gioca qualche partita, poi sparisce e fugge in Slovenia. È ad un passo dal ritiro a soli 32 anni. L’Atalanta conosce la sua storia e i suoi demoni. Lo aspetta, lo incoraggia, lo sostiene. Dopo due ...
© Riproduzione riservata