Italia, perché Mancini potrebbe lasciare (e perché cercano di convincerlo a non mollare)

Il precedente del flop europeo con l'Inter nel 2008. L'amarezza di ieri e quella di oggi. Ma è folta la schiera di chi vuole che non molli, primo fra tutti il presidente federale Gravina

Roberto Mancini (foto Ansa)

Roberto Mancini (foto Ansa)

Nella pelle del Mancio. Cercare di capire cosa stia provando. Come. Perché e cosa fare adesso. In un Paese che sa alternare bandiere e forche come fosse biancheria nello stendino, lo Straordinario Condottiero di ieri è il Grande Colpevole di oggi. Il Magnifico Visionario che ha trasformato i bimbi perduti in saettanti Peter Pan fino a vincere l'Europeo oggi è solo un tizio che ha avuto tanta, tanta fortuna. Si sa: l'ingratitudine è un prodotto tipico di questa nostra Italia e il carro del vincitore è il mezzo di locomozione più utilizzato. E chissene se Mancini ha dato il via al Rinascimento dei nostri ragazzi nel pallone con 80 convocati, 37 esordienti e il record di 37 partite senza sconfitte, meglio di Brasile e Spagna. Tutto nello scarico e si tiri lo sciacquone.

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C'è chi ne invoca le dimissioni con veemenza neanche fosse la soluzione al cambiamento climatico. Chi cerca di convincerlo a non mollare. Primo fra tutti il presidente federale Gabriele Gravina che si fidava – e si fida – talmente del Mancio da avergli fatto firmare il prolungamento di contratto fino al 2026 prima della sciagurata notte palermitana. Poi, udite, udite, a chiederne la conferma c'è una folta schiera di giornalisti sportivi, di solito i primi mazzolatori. E un motivo c'è, cinico se vogliamo: chi mettere al suo posto? C'è chi ha parlato di Cannavaro con Lippi direttore tecnico. Il primo ha allenato solo in Cina, il secondo, il 74enne Lippi, ha chiuso con l'Italia in quel terribile Mondiale sudafricano. Si leggono poi i nomi di Gattuso, Pirlo, certo non delle primissime scelte. Mentre circolano anche le ipotesi Ranieri e Pioli. E allora ecco perchè rinunciare al Mancio significherebbe lasciare spazio a soluzioni perlomeno discutibili, come accadde con Ventura per il dopo Conte. Ancelotti? Il fatto che alleni non propriamente una squadretta, il Real Madrid, fa pensare che sarebbe difficile arpionarlo.

E in ogni caso, cosa farà il Mancio? La sensazione che possa dire addio è palpabile. Difficile interpretarlo con robusta precisione e per un semplice motivo: mai, neanche lontanamente nella sua carriera gli era capitato di vivere un incubo del genere. A maggior ragione dopo aver fissato nella sua mente un obiettivo sin dal 14 maggio 2018, quando vestì l'azzurro la prima volta e cioè vincere il Mondiale del Qatar. Un obiettivo rivelato solo in confidenza a quel tempo, mai apertamente e ribadito dopo "l'incidente di percorso", magnifico, di Wembley. Lui, il vincente per eccellenza che diventa il Grande Perdente. Insopportabile. E poi, ci sono le prospettive: Mancini è una alligatore che si nutre di successo, ambizione. E' un visionario che sa spostare l'asticella un po' più su fino al limite della magnifica follia, come è capitato proprio con la Nazionale. Ricordate? Convocava pulcini implumi tipo Zaniolo e Barella, o sconosciuti come Grifo e, mentre lo prendevano per pazzo, costruiva il capolavoro. C'era la sfida ad accenderlo, il sacro fuoco del colpo di tacco, cioè smentire, zittire, sbalordire con giocatori anche di piccole squadre.

Ora, ci si chiede: perchè dovrebbe restare? Non ha prospettiva a breve termine per rifarsi. Non c'è obiettivo immediato. Cosa può fare di più per trovare stimoli? E questi sono i momenti in cui riscattarsi equivale a respirare per uno come lui. Ce l'ha dentro. Guarda un po', era marzo anche quella volta, nel 2008 quando al termine della quarta eliminazione in Champions con l'Inter contro il Liverpool, si siede in sala stampa e spara: "Nonostante io abbia quattro anni e mezzo di contratto questi saranno gli ultimi due mesi e mezzo che passerò alla guida dell'Inter....". L'amarezza di quell'ennesimo flop europeo lo travolse. Moratti, che lo considerava (e lo considera) un figlio, non gliela perdona e a fine stagione, con una nota freddissima, comunica che «il signor Mancini è esonerato per le dichiarazioni rese dopo la partita Inter-Liverpool...", anche se il signor Mancini ci aveva ripensato. Fu una botta durissima per lui. Ecco, magari ripensi a quella volta prima di fare quello che lo tenta e gli frulla e rifrulla nella testa: sedersi e raccontare che non è più il ct della Nazionale.

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