Lunedì 22 Aprile 2024

DONNARUMMA

Arrivato tra critiche e polemiche. Le sue parate sono valse la finale

di Gianmarco Marchini

Gianluigi Donnarumma non era ancora nato quando nelle sale usciva "Slinding Doors", pellicola che consacrava Gwyneth Paltrow come la nuova ragazza della porta accanto di Hollywood. Nel film interpretava Helen, giovane pierre che viene licenziata di colpo e se ne torna a casa: nel riuscire o meno a prendere la metro, la sua vita prenderà due strade completamente diverse. Le porte scorrevoli, appunto. Le stesse che ci sono state nell’Europeo dell’Italia, soprattutto quando il torneo ha preso l’imbuto dell’eliminazione diretta. Lì, quando i palloni scottavano molto di più, Gigio Donnarumma ha cambiato con le sue manone il corso degli eventi. Con due parate gigantesche. Due porte chiuse in faccia all’avversario: mi dispiace, sul treno che va avanti ci saliamo noi azzurri. Ai quarti con il Belgio e in semifinale con la Spagna. Il destino s’è presentato praticamente allo stesso momento, tra il 20’ e il 25’, una fase molto critica nell’economia di una partita perché può dare un’impronta significativa agli equilibri. A Monaco di Baviera, è il 22’ quanto Kevin De Bruyne strappa, s’accentra, salta Bonucci e all’ingresso dell’area fa partire un sinistro violento e angolato: con la mano destra, Donnarumma cambia il destino di quel tiro e della partita.

Stadio diverso, ma stesso discorso con la Spagna. A Londra (dove peraltro "Sliding Doors è ambientato) le furiosissime Furie Rosse pressano, bussano alla porta azzurra e al 25’ sembrano trovare il pertugio giusto per passare: batti-ribatti in area, la palla resta nella zona di Dani Olmo che, praticamente dal dischetto del rigore, calcia a botta sicura. Sicura, ma nemmeno troppo, perché Gigio vola di nuovo e stravolge un’altra volta il copione. Non sarà l’unica porta scorrevole di Wembley. Si va ai rigori: Morata sul dischetto, Donnarumma lo ipnotizza; poi Jorginho segna e via col "popopopopopo". La nazionale di Mancini vola in finale, con il sogno europeo ancora vivo, protetto dalle mani del ventiduenne più amato e criticato al tempo stesso.

Già perché, Gigio è arrivato a quest’Europeo a bordo di un carro praticamente vuoto. Sono scesi quasi tutti i suoi estimatori dopo che il gigante di Castellammare di Stabia ha rifiutato il rinnovo del suo storico club, il Milan, che gli offriva 8 milioni all’anno, più la fascia di capitano, già indossata a lungo nell’ultima meravigliosa stagione finita col secondo posto e il ritorno in quella Champions che Gigio non ha mai giocato. Ma - incredibile - il ragazzo rifiuta gli 8 milioni. Dal mancato patto col Diavolo all’accordo con quel "demone" di Mino Raiola che lo convince di valerne almeno 12. Gigio silenzia il cuore e ascolta le ragioni del portafoglio che gli sussurra "se c’è chi te ne dà 12, vai da chi te li dà". E, infatti, Donnarumma corre dal Paris Saint Germain pronto a coprirlo di tanto oro. Del resto, Parigi val bene una promessa... non mantenuta.

E allora, ecco che, all’alba dell’Europeo, si alzano nuvoloni grigi sopra Gigio. I milanisti lo hanno scaricato, le altre tifoserie solidarizzano. Tanto che alla fine piovono fischi: succede all’uscita dal campo contro il Galles quando Mancini concede una passerella a Sirigu, e l’Olimpico fa pagare all’ex rossonero la ’tassa’ sul passaggio ai paragini. Ma, diceva René Magritte, d "ogni cosa che noi vediamo ne nasconde un’altra; noi vogliamo sempre vedere quello che è nascosto da ciò che vediamo". Questa la spiegazione del celebre dipinto ’Il figlio dell’uomo’, dove una mela copre il volto del soggetto. Dietro quel sorrisetto all’apparenza irriverente, invece, Gigio nascondeva la sua rivincita. Al triplice fischio sulla Spagna, si lascia andare alle lacrime. "So da dove sono partito", dice. Sappiamo dove può arrivare: più in alto di tutti. Peccato non lo farà con la maglia del suo Milan: sarebbe stata una bella favola di cui questo calcio milionario è ormai povero.