Calciatori depressi: quando successo e soldi non fanno la felicità. I casi più famosi

Sono sempre maggiori le attenzioni poste sulla salute mentale degli sportivi. Il ruolo del mental coach nella cura della psiche personale

Andres Iniesta, per anni bandiera del Barcellona, ha ammesso di aver sofferto di depressione

Andres Iniesta, per anni bandiera del Barcellona, ha ammesso di aver sofferto di depressione

Roma, 29 marzo 2023 - "Mi sento un perdente di successo e devo ammetterlo: sono preoccupato": queste le parole pronunciate dal talentuoso terzino dal Bayern Monaco Alphonso Davies durante una recente live su Twitch. È da oltre un anno che il canadese interagisce coi propri fan tramite il social di dirette streaming, forse proprio per mitigare quella solitudine che ha denunciato recentemente, il giocatore ha infatti deciso di aprirsi con i propri followers dichiarando la sua attuale situazione: "Dopo l’allenamento non ho niente da fare e sono sempre solo".

Non sono mancati i commenti da parte di leoni da tastiera pronti a commentare che un milionario non può essere triste, che il giocatore dovrebbe provare ad "alzarsi alle cinque del mattino per andare in fabbrica e vedere cosa vuol dire la durezza della vita" riprendendo quel noioso stereotipo per cui i soldi fanno la felicità e che i giocatori o qualsiasi personaggio di successo non possano esprimere disagi ma siano assimilabili ad automi.

Il canadese non è però l’unico ad aver evidenziato la situazione mentale a cui sono sottoposti gli sportivi, negli ultimi anni sono diverse le testimonianze di atleti che hanno affrontato periodi bui nonostante la fama. Ronaldo e Adriano, i due brasiliani, hanno trattato l’argomento a carriera conclusa con il primo che ha dichiarato: "Ai miei tempi non ci si occupava della salute psicologica dei giocatori. Siamo stati esposti a uno stress mentale molto, molto grande e senza essere preparati per questo" e il secondo caduto nel tunnel della depressione in seguito alla morte del padre si è espresso così sulla vicenda: "La morte di mio padre ha lasciato un vuoto enorme nella mia vita".

E ancora Andrès Iniesta che in seguito alla morte dell’amico Dani Jarque nel 2009 (periodo di maggior successo dello spagnolo) ha recentemente ammesso: "Quando combattevo la depressione, il momento migliore della giornata era quando prendevo le pillole e andavo a letto".

Negli ultimi anni si è fatta largo la figura del Mental Coach, professionista della salute psichica scisso dallo psicologo tradizionale e specializzato nel superamento di limiti personali soprattutto in ambito sportivo, ormai indispensabile negli staff delle squadre di grande successo. Diversi sono gli atleti che si son fatti affiancare da un esperto tra cui il portiere della Juventus Perin, promotore sui social della cura della psiche personale, il quale ha recentemente dichiarato in un’intervista: "Da quando ho iniziato a lavorare con Nicoletta ho raggiunto la consapevolezza che prendere la decisione di lavorare con un Mental Coach può solo migliorare la nostra vita quotidiana oltre che quella lavorativa".

Non solo calciatori (Bonucci, Mertens, Ranocchia tra gli altri) ma atleti dei più svariati sport si sono fatti affiancare da questa figura, da Marcell Jacobs a Gianmarco Tamberi, passando per Serena Williams fino al nostro Matteo Berrettini, quest’ultimo si è affidato alle consulenze di Stefano Massari, maestro della professione, che ha rilasciato dichiarazioni utili per capire al meglio in cosa consiste il suo lavoro : "Il Mental Coach è a tutti gli effetti un allenatore che si occupa della parte mentale della prestazione per la gestione dei ragionamenti, delle emozioni e delle paure". Negli ultimi anni il passo avanti è visibile ad occhio nudo, con sempre più atleti e professionisti pronti a portare alla ribalta il tema senza remore, superando la vecchia concezione di atleta invincibile e inscalfibile.