Giovedì 18 Aprile 2024

Daniele De Rossi, romano e romanista

Nascose le offerte di City e Real Madrid, tanto era l'attaccamento alla maglia giallorossa

Daniele De Rossi (Ansa)

Daniele De Rossi (Ansa)

Roma, 14 maggio 2019 - A Roma c'è un'etnia pallonara particolare. Forse unica. La chiamano "romana e romanista". E non basta essere nati a Roma e tifare Roma per farne parte. Ci vuole qualcosa in più, anche per attivare un particolare principio ereditario. Per dire: da Bruno Conti a Peppe Giannini a Francesco Totti a Daniele De Rossi. Quasi che ci fosse un Graal da custodire, il Graal del tifo romanista. Già così, si può capire cosa rappresenti l'addio di Daniele De Rossi alla 'sua Roma'. E lasciamo stare la scelta per il futuro. Quello è lavoro, semplicemente lavoro.

E magari, finalmente, "Dagnele", così come si dice da queste parti, si potrà godere fino in fondo una partita di calcio. Sì perchè De Rossi è stato e resta l'altra faccia di Francesco Totti. Così amici, così diversi. Totti estroverso, allegro, gioioso e anche guascone il giusto nel godersi la Roma con il sorriso, giocando ogni partita come se fosse un luna park. Daniele, invece, introspettivo, riservato, timido al punto di diventare aggressivo, a volte. Ma talmente innamorato della Roma da godersela al contrario, vivendo ogni partita vinta come un rito liberatorio dall'angoscia della possibile sconfitta e, dunque, del dolore. Non solo il suo, ovvio, ma soprattutto della sua gente, quasi che la Roma fosse una sorellina più piccola che cade e si sbuccia le ginocchia.

Talmente sensibile De Rossi, dal nascondere enormi offerte di mercato per timore di passare per quello che fa leva sul clubbone straniero per ottenere consenso. Per dirne un paio: Mancini, ormai è storia nota, offrì ai tempi del City 28 milioni di sterline e 7 al giocatore per averlo. Lui ci pensò, ma finì con la maglia della Roma ancor più tatuata sulla pelle dei tanti tatuaggi che ha sul corpo. Eppoi, quando Carlo Ancelotti costruiva il capolavoro della Decima madridista. E già, il Real Madrid. Re Carlo offrì a De Rossi le chiavi del centrocampo e un futuro galattico per il più importante contratto della sua carriera, l'ultimo, mentre a Roma erano i giorni in cui parte della tifoseria gli rinfacciava quell'ingaggio monstre di 6 milioni netti a stagione. Lui disse no.

Un altro l'avrebbe fatta circolare questa cosa. Per gonfiare il petto e zittire corvi e cornacchie. E invece sapete qual era in quei giorni la preoccupazione di Dagnele? Non farlo sapere per non passare per quello che utilizza le offerte di mercato per farsi bello e mettere pressione alla piazza. All'epoca, ne parlò lapidariamente solo con gli amici stretti della sua Ostia, il mare di Roma. E lo fece a modo suo, come si dice a Roma, 'facendo il vago'. "Ah, dimenticavo, m'ha cercato il Real ma niente di che eh...". Questo per dire chi è Daniele De Rossi, un uomo spesso increspato e agitato come il mare di fronte a cui è nato. Poi c'è il calciatore, ma quello l'ha raccontato il campo in un'intera vita da romano e romanista.