Martedì 23 Aprile 2024

Caironi, l’argento e la rabbia: "Non smetto"

Seconda nel salto in lungo dopo lo stop per doping e la riabilitazione: "Ho fatto il mio record, ma sono delusa. Punto a Parigi"

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di Alessandro Gallo

Si può essere arrabbiati anche se, al collo, c’è un bell’argento. In realtà, Martina Caironi, trentunenne di Alzano Lombardo (Bergamo) che da alcune stagioni si allena e studia a Bologna, usa un termine più colorito.

"Sono incazzata, scusate. Ma devo dirlo". Eppure Martina nel lungo vince l’argento con la misura di 5,14 metri che rappresenta il suo personale. Di più: in attesa della gara dei 100 metri, si tratta per lei della quarta medaglia paralimpica: due d’oro e altrettante d’argento.

Un palmarès che la rende una delle regine dell’atletica paralimpica azzurra. Nella rabbia di Martina, ci sono i lunghi mesi di allenamento e di preparazione. C’è lo stop per doping, qualcosa che lei non ha mai digerito. Qualcosa che le ha impedito di prendere parte ai Mondiali, nel 2019, ma non ai Giochi. La parola doping è sempre da maneggiare con molta attenzione: a maggior ragione quando la questione riguarda Martina, squalificata per quattro mesi. Il motivo? La presenza di un metabolita che si trova in una pomata che non solo Martina ha sempre usato, ma ha dichiarato.

Ecco perché, per renderle giustizia, bisogna ricostruire la storia: il medicinale che Martina usa serve per le ulcere che si formano nel moncone della gamba, quando la Caironi indossa la protesti e spinge per andare più forte o per saltare più in lungo. Non le dà sprint, semplicemente evita la comparsa di dolorose piaghe. La buona fede di Martina è stata dimostrata, diversamente, anziché lo stop di quattro mesi, ci sarebbe stata una squalifica molto più lunga per l’atleta che, a Rio, era la portabandiera azzurra.

Detto questo, l’argento che fa arrabbiare Martina potrebbe essere solo l’inizio. Perché dopo l’amato salto in lungo, ci sono i 100 metri, all’alba italiana di domani. Ma, quel che più conta, pensando al sorriso, al talento e allo spirito di sacrificio di questa ragazza, c’è l’obiettivo spostato più avanti, a Parigi 2024. Paralimpiade tutt’altro che scontata, ascoltando le parole dell’azzurra. "Ambivo al gradino più alto del podio – racconta –. Il lavoro che abbiamo fatto in questo anno è stato così intenso che non riuscire a centrare il salto giusto...".

Delusa, arrabbiata, ma pure orgogliosa del suo cammino. Nessuno le ha regalato nulla. "Volevo il salto buono e e non l’ho fatto, ma sono comunque soddisfatta perché 5,14 è il mio personale. E’ una medaglia bellissima e sofferta. Avevo pensato di smettere a Tokyo, ma ora non sono pronta per terminare qua. Credo che mi preparerò anche per Parigi. Ora mi riposo e poi penso ai 100 metri".

Sorride Martina, perché sa di dover essere un esempio per tante ragazze. "Tra i molti ruoli che ho c’è anche quello di portavoce dei diritti delle donne: a loro dico di non chiudersi e di uscire, perché ci sono persone che possono aiutarle. Io in più ho anche la disabilità che potrebbe sembrare una debolezza ma non lo è: guardatemi, vi sembro debole?".