"Brasile, attento: essere favoriti non basta"

Beppe Dossena e le somiglianze con il 1982: "E’ vero, sembrano i più forti. Ma sono curioso di vedere come finirà sul campo"

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di Doriano Rabotti

Beppe Dossena c’era quando l’Italia sgambettò il Brasile nel 1982, quel Brasile che somigliava tanto a questo, per i favori unanimi che riscuoteva nei pronostici. Ed è stato uno dei pionieri nella scoperta del calcio africano ed asiatico, portando il Ghana a vincere la Coppa delle Nazioni under 17 e under 20 e poi guidando l’Al-Ittihad.

E’ il personaggio ideale per parlare di un mondiale in Qatar con il Brasile favorito, insomma.

Dossena, inizia il vero mondiale. Finora come è stato?

"Molto simile agli altri, con partite belle e altre più noiose, pieno di insidie. Ma a parte Germania e Spagna, le squadre attese alla vigilia sono lì anche adesso".

Sorpreso dall’exploit del Marocco?

"Fino a un certo punto. Per battere la Spagna ai rigori hanno fatto una partita quasi tutta in difesa, ma prima avevano anche sconfitto il Belgio. E hanno molti giocatori maturi che militano in campionati di vertice".

Ronaldo è un caso?

"Se l’è creato lui, come a volte fanno i grandi giocatori che hanno un solo modo di vedere le cose. L’egoismo fa parte anche dell’interpretazione sportiva, anche se a volte se ne può anche fare a meno. Ha fatto bene la Federazione ad imporsi".

A volte quell’egoismo è il motore dei migliori di tutti.

"E’ vero. In realtà qualche esempio diverso c’è, ma molti campioni hanno quelle stigmate. Qualcuno le maschera di più, ad altri non riesce".

Sarà la volta buona per Messi?

"Eh, bella domanda. Vediamo, lui sicuramente si rende conto che è l’ultima, per ora mi sembra che la squadra abbia deciso di mettersi al suo servizio, non concede niente all’avversario, butta la palla nella parte di campo di Leo e poi ci deve pensare lui".

Anche a lei il Brasile di oggi ricorda quello dell’82? Tutti a dire che sono i più forti, poi andò diversamente...

"È vero, bisogna sempre aspettare prima di esprimere giudizi, con loro. Stavolta hanno una difesa forte, ma sono curioso anche io di vedere come andrà".

Lei è stato uno dei primi italiani ad andare in Africa e in Medio Oriente. È sorpreso dei risultati di queste squadre?

"Dividerei le cose. Se gli africani si rendessero conto del potenziale che hanno, potrebbero arrivare molto più avanti. Finora ne hanno espresso un decimo, al massimo. Avrebbero tutte le condizioni per centrare traguardi importanti".

E le asiatiche?

"Quella che ha il maggior potenziale è l’Arabia Saudita, perché Giappone, Corea, Iran e anche l’Australia aggregata all’Asia, non sono sorprese. Corea e Giappone sono molto evoluti".

L’organizzazione del mondiale sembra ottima.

"Quello era proprio l’ultimo dei problemi, con le finanze illimitate possono fare di tutto".

E’ giusto portare i diritti civili nella vetrina dello sport?

"E’ un discorso un po’ articolato. Diciamo che se fosse per le ingiustizie sociali, non si potrebbe andare a giocare in nessun paese del mondo....Sono convinto che lo sport sia l’unico e l’ultimo canale di diplomazia da tenere aperto. Capisco che ci sono istanze con cui posso anche essere concorde, ma bisogna pensarci, prima di isolare un paese. Nello spogliatoio puoi lasciare sola e allontanare una testa di cavolo, a livello di politica è un po’ più complesso. Punire un paese e isolarlo può avere un senso, ma non saprei dove fissare il limite. Ci dovrebbe pensare la politica, quella sana".

Vedere che l’Italia non è al mondiale aumenta la rabbia, o semplicemente non siamo al livello di queste squadre?

"Non ci siamo perché non ce lo siamo meritato. Avevamo tre partite per qualificarci e non ce l’abbiamo fatta, è giusto che ora stiamo qui a guardare. E viste le cose che stanno uscendo in questi giorni sui giornali, di cose da migliorare e di incongruenze ne abbiamo...Speriamo solo che stavolta si riesca ad imparare dagli errori. Ma non possiamo pensare che il calcio viva su un pianeta diverso. La politica non deve entrare nello sport, perché in realtà tutti facciamo politica ogni giorno appena usciamo di casa e parliamo con gli altri. Sono le distorsioni che ti fanno arrabbiare. Tutti assieme possiamo fare qualcosa. ma se pensiamo solo a noi stessi e a nostro gruppo, è finita".