Bologna, ciao Sinisa: c’eravamo tanto amati

L’esonero ieri a Roma, Mihajlovic paga l’assenza di risultati: finisce una storia di passione e dolore, tra successi, malattia e delusioni

di Gianmarco Marchini

Due ore di confronto. Come una partita ai supplementari, il finale della storia tra Sinisa Mihajlovic e il Bologna si è deciso in un modo lungo, sfiancante. E proprio per questo senza nessun vincitore. Basta, si cambia: esonero, anche se nel comunicato del club non si usa mai quella parola, forse troppo fredda e cinica per chiudere un rapporto che ha vissuto di emozioni e di un’umanità rarissime nel dorato mondo pallonaro. "Si interrompe oggi il rapporto professionale tra il Bologna Fc 1909 e Sinisa Mihajlovic – si legge nella nota pubblicata a fatica ieri dal club visto il sito internet in panne per l’enorme traffico di tifosi ansiosi di scoprire l’epilogo –. Una decisione che purtroppo si è resa inevitabile, nonostante il forte legame affettivo che si è creato con la società e tutta la città in questi tre anni e mezzo emozionanti e drammatici".

Peccato davvero finisca così. Ne esce provato il Bologna che con il tecnico serbo ha scritto pagine meravigliose di calcio - come l’incredibile cavalcata a inizio 2019 quando, subentrando alla gestione Pippo Inzaghi, si passò dalla zona retrocessione al decimo posto - ma soprattutto pagine di vita e di valori condivisi, con la leucemia che bussa alla porta di Sinisa prima nell’estate dello stesso anno, e poi lo scorso marzo. Due battaglie lunghissime - una delle quali ancora in corso - in cui il club, ma la città in generale, non hanno mai abbandonato Mihajlovic. Così come lo stesso Mihajlovic non ha mai abbandonato il Bologna. Anche forzando il divieto dei medici, come a Verona, nell’agosto 2019, quando Sinisa si presentò scheletrico al Bentegodi per tenere fede a una promessa fatta alla squadra. Questo era il rapporto che legava e legherà per sempre il serbo a questa città e a questi colori, anche quando la rabbia per questo esonero si sarà spenta, lasciando spazio ai tanti, meravigliosi ricordi. Questo, però, è il momento della frustrazione, dei rimorsi e, forse, anche dei rimpianti. Visto che nel confronto avvenuto ieri nella sua casa di Roma, Sinisa ha cercato di convincere i dirigenti del Bologna ad avere un’altra possibilità. Ha chiesto altre cinque gare per rodare una squadra arrivata all’appuntamento con il grave ritardo accumulato sul mercato.

Ha chiesto di essere giudicato dopo dieci giornate, dando la sua parola che si sarebbe dimesso lui in mancanza di risultati. Ma nulla da fare: la decisione il club l’aveva già presa, dopo il pari con lo Spezia, il terzo in un avvio di campionato privo di vittorie. E’ toccato all’ad Fenucci, al capo dell’area tecnica Sartori e al diesse Di Vaio comunicare l’esonero. Perché il capo, Joey Saputo, non c’era, decollato per gli Stati Uniti in mattinata. "E’ stata la decisione più difficile che ho preso da quando sono presidente del Bologna", il commento del patron sul sito. Ma il rapporto con Sinisa era già logoro da tempo, anche se in maggio Saputo si era convinto a dimezzare la rivoluzione che voleva fare: via solo Bigon e avanti con Mihajlovic. Una scelta più dovuta che sentita, vista anche la delicatissima vicenda personale del tecnico. Ieri un epilogo scontato, ma forse da scrivere in maniera diversa. Per rispetto di tutti.