Giovedì 25 Aprile 2024

Berrettini, è soltanto questione di tempo

Matteo si arrende in semifinale a Nadal dopo aver fatto paura allo spagnolo: "Sono orgoglioso, stavolta l’ho messo in difficoltà"

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di Paolo Franci

Si alzerà dal letto, lunedì mattina, tra uno sbadiglio e un caffè, sapendo che ci sono soltanto cinque giocatori al mondo più forti di lui. Perché la semifinale conquistata e persa contro uno dei tre vampiri della racchetta, Rafa Nadal, comunque gli vale uno scatto in avanti nella classifica Atp con il sesto posto conquistato ai danni di Andrej Rublev.

D’accordo, ha perso (6-3 6-2 3-6 6-3), Matteo Berrettini. Però, a volte, una sconfitta può avere un sapore meno amaro nella consapevolezza di aver centrato un obiettivo straordinario, confermando di essere a pieno titolo nella ristretta ‘squad’ dei cacciatori di vampiri. Quelli che da tempo puntano a prendere il posto di Rafa-Nole-Roger. E se il ricambio sarà inevitabile e spietato, prima o poi dal punto di vista anagrafico, è chiaro come i vari Medvedev, Zverev, Tsitsipas o il nostro Berrettini, puntino a prendere il posto di quei tre – non solo in classifica: Rafa è dietro, ma solo per la lunga assenza, Roger chissà ma è dura, Nole è duro da spodestare – senza riuscire ancora a sostituirli nelle prestazioni e nell’immaginario della gente.

Servono personaggi nuovi, si dice da una vita. E forse Matteo lo sta diventando. Dal punto di vista dello stile, della sportività, dell’educazione fuori dal campo è senza alcun dubbio un piccolo Federer. E il campo sta dicendo da tempo che ci siamo. Gli Open ne hanno certificato la grandezza anche dal punto di vista dei risultati. Il modo in cui ha prima dovuto combattere contro avversari e virus intestinale e poi contro ‘nemici’ in crescendo per difficoltà, ha sancito definitivamente come il tennista romano non sia figlio di un’impennata estemporanea, ma di una crescita inesorabile. E sarebbe un errore – addirittura comico - anche solo immaginare che da Nadal a Nadal poco sia cambiato. Perché tra la semifinale degli Open degli Stati Uniti del 2019 e questa semifinale c’è tutta la differenza del mondo. Innanzitutto, c’è una finale di Wimbledon nel mezzo. E in ogni caso quel Matteo lì era alla prima esperienza a quel livello, contro uno dei tre Vampiri con una posta così alta in palio. Chiaro che ne subì anche l’effetto da punto di vista psicologico. Oggi Berrettini ha la consapevolezza di essere un giocatore stabilmente d’alto livello che, come tanti suoi colleghi, deve fare quel passo in più che serve per disegnare la differenza tra grande giocatore e fuoriclasse. Cioè tra Matteo e Rafa. Essendo ragazzo intelligente, Berrettini ha già tradotto in lezione quel che ha vissuto sul campo con Nadal: "Se fossi entrato in campo con una concentrazione diversa, il match sarebbe stato più tirato. Questo è uno sport maledetto. Devi sempre provare a chiedere di più a te stesso altrimenti queste partite non si vincono. Basta guardare quello che sta facendo Rafa".

Già, guarda Rafa, caduto preda di un maledetto problema fisico e rinato ancora una volta, fino a questo straordinario risultato, una finale di uno Slam. Va poi considerato il quadro psicologico in cui si è mosso Matteo contro Nadal nel 2019 e in questa semifinale australiana: "Quel giorno partii a tutta e poi sono calato. Questa volta invece sono cresciuto e posso essere orgoglioso di averlo messo un pochino in difficoltà anche se la sua grandezza è venuta fuori dopo, alla grande".

Cioè, sotto di due set contro una perfetta macchina da tennis, addirittura violenta nell’imporre le micidiali soluzioni di gioco, Matteo ha vinto il terzo spaventando Nadal. Non una banalità dal punto di vista del carattere e della convinzione. Poi ha ceduto, è vero, ma mai dal punto di vista della sportività: l’abbraccio a Nadal e quel "Bravo Rafa" sincero e ammirato, sul piano dello stile vale più di cento passanti.