Mercoledì 24 Aprile 2024

Bayern nella storia: vince anche il mondiale per club

Migration

di Paolo Franci

Come il fantastico Barcellona del 2009. Nei titoli, nella voglia e nella prospettiva della squadra più forte del mondo, il Bayern Monaco, che batte i messicani del Tigres (1-0) e centra il sesto titolo stagionale di fila, proprio come fu per il magnifico capolavoro - mai più ripetuto altrove, Bayern compreso - di Pep Guardiola in blaugrana. E così il Bayern fa all in nel vero senso della parola, portando a casa il prestigioso trofeo Fifa, dopo aver conquistato coppa di Germania, Bundesliga, la Supercoppa tedesca e soprattutto, Champions League e Supercoppa Europea. Il risultato dice che il Bayern ha vinto di misura grazie al gol di Pavard, un difensore, ma il campo ha detto ben altra cosa, affrescando il dominio dei bavaresi ai quali è stato annullato per intervento del Var un gol di Kimmich nel primo tempo. Var protagonista anche nell’azione decisiva quando Lewandowski costringe il portiere Guzman a una gran parata e Pavard la mette dentro da un passo. Il guardalinee però alza la bandierina indicando un fuorigioco poi smentito dalla tecnologia in campo. Il Bayern, tra l’altro, aveva dovuto fare a meno di Muller fermo per Covid, Goretzka e anche Boateng, tornato in Germania per la scomparsa della sua compagna.

Pareva inarrivabile il triplete del 2013 centrato con l’allora tecnico Heynckes e, invece, Flick ha vinto sei trofei. E cioè tutto quel che c’era da vincere nella stagione più difficile della storia del pallone. Però, in questi sette anni che portano da un trionfo al ’magic six’ di Flick, molto è cambiato nel Bayern Monaco, che ancora una volta ha capito come la tradizione, rispetto al pallone glamour di santoni affermati quanto calcisticamente esotici, sia la base di tutto. Nel 2013 Heynckes riportò nel Bayern il rigore teutonico risollevandolo dalle scorie dell’era Van Gaal. Stavolta Flick, che doveva essere un traghettatore, ha ricostruito una squadra che non ha più smesso di vincere, spazzando via illusioni ed esotismo del calcio di Guardiola, certo vincente, ma non fino alla Coppa più grande. Flick è però riuscito a trovare il giusto mix tra fantasia e tradizione, poggiando su giocatori duttili e in grado di sprigionare talento, solo passando attraverso l’ordine tattico, il genio di giovani ’anarchici’ come Alphonso Davies o quel monumento del gol che si chiama Robert Lewandowski, fino a un perfetto Thomas Muller.