di Fabrizio Carcano
Da Cenerentola ad aspirante regina. Un anno fa l’Atalanta si affacciava in punta di piedi alla sua prima volta in Champions League. Obiettivo dichiarato: imparare e provare a fare una bella figura, che significava racimolare qualche punto e perdere con dignità.
Era agosto e il popolo atalantino sognava grandi notti autunnali negli stadi del Liverpool, del Real Madrid, del Bayern Monaco. Sognava un girone per sognare prima di tornare a gennaio con i piedi per terra in Europa League, inseguendo un trofeo più alla portata di una provinciale. È andato tutto diversamente. L’Atalanta non ha incrociato i grandi club storici, ha affrontato la corazzata City (che però non ha fascino o blasone ne come tifoseria ne come palmares), non ha ripiegato sull’Europa League e paradossalmente potrebbe vincere la Champions. Un anno strano per un’Atalanta che ha vissuto qualcosa di incredibile.
Un girone sulla carta abbordabile si stava trasformando in un mattatoio nerazzurro: uno disastroso 4-0 al debutto a Zagabria, poi la beffarda sconfitta casalinga al 94’ contro lo Shakthar Donetsk. Il primo ottobre l’avventura sembrava già chiusa, con una figuraccia: sarebbe poi arrivato il 5-1 sul campo del Manchester City a chiudere il cerchio tragico. Ultimo posto, zero punti, meno nove in differenza reti, roba da squadretta maltese o cipriota. Poi il 6 novembre la gara casalinga contro il City: gol a freddo di Sterling, diverse occasioni sciupate, un rigore fallito da Jesus ad un minuto dall’intervallo. Da lì in poi un’altra storia, la svolta: la Dea nella ripresa domina il City, pareggia con Pasalic e sfiora la vittoria. Si rilancia, ci crede, batte 2-0 la Dinamo Zagabria e poi va a vincere 3-0 in Ucraina centrando il secondo posto.
Al sorteggio per gli ottavi l’urna è benevola: un Valencia zeppo di infortunati e in crisi, con un tecnico appena cambiato. A San Siro l’Atalanta travolge i Pipistrelli: 4-1 e qualificazione chiusa. Ma quella partita, quella festa dei 45mila bergamaschi al Meazza, incrocerà in un crudele destino la pandemia che si sta per abbattere su Bergamo: quella notte magica resterà a detta di molti quella che moltiplicherà i contagi.
Poi il surreale ritorno a porte chiuse a Valencia, il 10 marzo, quando Bergamo è in ginocchio e conta i morti a centinaia. Si gioca lo stesso, la Dea si affida a Ilicic che insacca uno storico poker e stende gli iberici 4-3 nel silenzio.
Allungando la striscia positiva europea della squadra di Gasperini: quattro vittorie consecutive, con 13 gol segnati.
E ora le finali a Lisbona, cominciando da una Paris St Germain senza Mbappé (forse), Di Maria e Cavani. Sfida impossibile? Come a novembre sembrava impossibile rimontare i sei punti di ritardo dalla Dinamo e dallo Shakthar. E adesso la Dea non è più una cenerentola, dopo aver dominato il girone di ritorno della serie A…