Venerdì 19 Aprile 2024

Anita sta bene: quando la paura va in diretta

La sincronette Alvarez soccorsa dalla sua allenatrice dopo un malore ai mondiali: "Mi sono tuffata perché i bagnini non si muovevano"

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di Leo Turrini

Forse ci sarebbe voluta la penna di Sir Arthur Conan Doyle per raccontare il salvataggio della povera Anita Alvarez, nuotatrice impegnata nelle finali del sincronizzato ai mondiali di Budapest. Perché quel…ripescaggio miracoloso, ad opera della di lei allenatrice, la signora Fuentes, rimanda ad altre immagini iconiche che hanno alimentato il mito dello sport in bilico tra la gioia e la tragedia.

Cosa c’entra il padre letterario di Sherlock Holmes, appunto Conan Doyle? Presto detto: fu proprio lui, cronista alla Olimpiade di Londra del 1908, a narrare per il suo giornale crollo e resurrezione di Dorando Pietri. Il podista emiliano, di professione fornaio, collassò mentre si avviava a conquistare l’oro nella maratona. Impietositi, alcuni giudici di gara lo soccorsero, lo rimisero in piedi e lo sorressero fino al traguardo. La vittoria di Dorando fu cancellata in ossequio al regolamento, eppure il mondo intero, grazie anche a Sir Arthur Conan Doyle, si innamorò di quella storia.

Perché c’è poco da fare: quando l’emozione si fa angoscia restiamo fatalmente ipnotizzati, forse perché di botto, di colpo ci ricordiamo che esiste qualcosa di più importante del Risultato, sia pure con la R maiuscola.

Giusto un anno fa, per dire, ci scoprimmo istintivamente tutti danesi, ammirando la stoica compostezza con la quale i compagni di squadra dell’allora calciatore interista Eriksen protessero gli spasmi della sua per fortuna breve agonia. C’era, in quel gesto corale, la difesa simbolica della dignità dell’essere umano.

L’uomo, già. Che si riconosce e si specchia nel prossimo nell’istante supremo. Poco tempo prima di morire, il grandissimo Niki Lauda volle far conoscere ai figli un ex collega di corse, Arturo Merzario. Non lo avevano praticamente mai sentito nominare, gli eredi del tre volte iridato di Formula Uno. Lauda disse ai rampolli: non ci fosse stato questo signore, voi non sareste mai nati.

Ed era vero. In una domenica d’estate del 1976, sul tremendo circuito del Nurburgring, in Germania, la Ferrari di Niki si schiantò contro le rocce e prese fuoco. Merzario, giunto sul posto a bordo della sua vettura, si unì ai colleghi che non volevano rassegnarsi all’irreparabile. Fu lui, che in Ferrari aveva perso il posto proprio a causa dell’ingaggio di Lauda, a gettarsi tra le fiamme e a salvare un mondo, perché chi salva una vita salva un mondo.

E anche in quel caso ci sarebbe voluta la penna di Conan Doyle.