Froome, cos'è il salbutamolo (e perché è considerato doping)

Non è il primo ciclista professionista a essere trovato positivo. Ecco cosa rischia Froome, il gelo di Nibali. E un particolare getta ombre su Chris

Chris Froome (LaPresse)

Chris Froome (LaPresse)

Roma, 13 dicembre 2017 -  Il Salbutamolo ormai è sulla bocca di tutti, soprattutto dopo la notizia della positività di Chris Froome a un controllo antidoping durante la Vuelta 2017 vinta lo scorso settembre. Anche se a sentirlo nominare potrebbe non sembrare una sostanza comune, in realtà viene ampiamente usata dalle mamme di tutto il mondo per curare l’asma dei propri figli. Infatti, il Salbutamolo viene utilizzato nel trattamento del broncospasmo associato all'asma bronchiale e ad altre patologie che comportano occlusione delle vie respiratorie. Agisce, in sostanza, da bronco dilatatore. Chi in passato ha dovuto curarsi con aerosol o farmaci tipo Ventolin o Broncovaleas, che rilassano tutta la muscolatura liscia delle vie aeree, lo conosce molto bene.

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LIMITI CONSENTITI – Essendo una sostanza molto importante per chi soffre d’asma, soprattutto sotto sforzo, l’uso del Salbutamolo è consentito nello sport e di conseguenza anche nel ciclismo, a patto che si resti entro determinate soglie. Sotto questo profilo la Wada ha fissato dei limiti di utilizzo, ovvero l’inalazione di 1600 microgrammi per millilitro sulle 24 ore e non più di 800 sulle 12 ore, e la concentrazione di Salbutamolo nelle urine non deve superare i 1000 nanogrammi per millimetro, ma quella di Froome sarebbe risultata di 2000. Da qui la notifica della positività del corridore del Team Sky.

Froome, il gelo di Nibali. E un particolare getta ombre su Chris

I PRECEDENTI – Rimanendo in Italia, in passato due corridori sono stati squalificati per una concentrazione elevata di Salbutamolo durante un controllo antidoping. Il primo è Diego Ulissi, squalificato per 9 mesi nel 2015 dalla Camera disciplinare elvetica. A Ulissi, trovato con una concentrazione di 1.920 ng/ml, venne riconosciuta la negligenza, quindi non la volontarietà di alterare le proprie prestazioni, stessa situazione in cui potrebbe incorrere Froome. In questi casi le squalifiche vanno da 9 a 12 mesi, ma a chi è riconosciuta la buona fede si applica di solito la sanzione minima. L’altro caso eclatante è quello di Alessandro Petacchi. Il velocista spezzino, anche lui trovato con una concentrazione elevata della sostanza nel 2007, venne assolto dalla Federciclismo ma squalificato successivamente per un anno dal Tas di Losanna. Gli vennero tolti tutti i risultati ottenuti nel Giro 2007. Se anche a Froome venisse combinata una squalifica di tale portata perderebbe a tavolino la Vuelta (il vincitore diventerebbe Nibali) e salterebbe il Giro d’Italia, corsa che aveva programmato di vincere nella stagione 2018.