Mercoledì 24 Aprile 2024

Ciclismo, Malori torna a correre in Italia

Oggi giro di Toscana, a gennaio ha rischiato la paralisi: "Dove non arriveranno le gambe, adesso ci arriverà la testa"

Adriano Malori (Ansa)

Adriano Malori (Ansa)

Bologna, 20 settembre 2016 - «Non ho finito la gara, ma sono stati i 120 chilometri più belli della mia vita», raccontava Adriano Malori dal Canada lo scorso 9 settembre, atto primo del suo ritorno alla vita ciclistica. Dopo quello che è stato un vero e proprio ritorno alla vita: otto mesi fa, risvegliandosi dopo una caduta in corsa in Argentina con la parte destra del corpo immobile, il vicecampione iridato della crono si era sentito dire che, con tanto lavoro e un po’ di fortuna, al massimo sarebbe potuto tornare una persona normale.

E la bici? «Un giorno forse potrai usarla per andare a comprare il pane», gli rispose un medico. Smentito in meno di un anno: Malori è tornato a correre a inizio mese oltre oceano e oggi debutta sulle strade italiane ad Arezzo, nel giro di Toscana, nella lunga settimana di gare che si conclude in Emilia. «A quel medico risposi già allora che si sbagliava di grosso, anche se tutti mi dicono che per tornare ciò che sono ho impiegato la metà del tempo che normalmente occorre», le parole del ciclista di Traversetolo.

Non esagera: dopo l’incidente del 22 gennaio, gli venne subito detto che il suo cervello si era completamente disconnesso dalla parte destra del corpo. «Muovevo solo un dito, dipendevo dagli altri anche per andare in bagno», racconta il ciclista parmense. Da lì, tanta fisioterapia a Pamplona, fino a sei ore al giorno, per tornare ad essere il ragazzo che era prima, non per correre: di poter fare di nuovo il ciclista se n’è accorto a fine aprile, in un test segreto nel magazzino della sua squadra, la spagnola Movistar, «perché prima di quel giorno pensavo seriamente di dover cambiar lavoro».

Non è successo: Malori è qui e lotta di nuovo insieme ai colleghi, con l’obiettivo di tornare l’Adriano di prima («Se mi mancherà qualcosa, ci arriverò con la testa»), ma soprattutto col desiderio di dare una speranza alla gente che soffre, «perché stare in mezzo ai malati mi ha insegnato cose che non immaginavo». Quanto alle gare, il messaggio è semplice: «In Canada ho rotto il ghiaccio e anche le gambe. Faccio fatica perché non corro da mesi, ma sono ugualmente felice»: per uno che la bici avrebbe dovuto usarla soltanto per andare al forno, è già bellissimo così.