"Alla Juve serve un Del Piero alla Maldini"

Gian Paolo Montali nel 2006 fu chiamato da Elkann per gestire il dopo Calciopoli: "Costruendo lo stadio avviammo l’era dei nove scudetti"

di Leo Turrini

"Naturalmente non hanno senso i paragoni tra la devastazione post Calciopoli e le attuali vicende finanziarie, chiamiamole così, della Juventus. Ma una cosa è certa: nelle difficoltà, John Elkann sa come reagire… ".

Gian Paolo Montali è una delle figure più interessanti del panorama sportivo italiano. Già grande coach di volley, argento olimpico con la Nazionale nel 2004 ad Atene, due volte campione d’Europa, oggi è il manager che sta gestendo lo sbarco nel Bel Paese della Ryder Cup. Ma nel 2006 fu chiamato al capezzale della Vecchia Signora, spedita in serie B per i metodi di Moggi. E più tardi ha sfiorato lo scudetto con la Roma, nel 2010.

"Prima il golf, anche perché ormai ci siamo - sospira Montali, origini parmigiane e una vita da giramondo -. Ho creduto da subito in questa scommessa, il golf come proiezione di un futuro eco compatibile, non più solo uno svago per super ricchi. La Ryder lascerà a Roma e all’Italia una eredità preziosa".

Vabbè, facciamo a fidarsi. Cambiando argomento, possono fidarsi i tifosi della Juve del nuovo staff dirigenziale?

"Ah, questa è la domanda delle cento pistole, amico mio".

Tradotto?

"Io posso fare riferimento alla esperienza del 2006. Partendo da un albero di frutta".

Prego?

"Stavo raccogliendo delle albicocche in campagna quando suonò il cellulare. Era John Elkann, che mi offriva di lavorare per il rilancio della Juventus, dopo lo scandalo".

E cosa c’entrava un coach di pallavolo, scusi?

"L’idea della proprietà era di portare uno sguardo nuovo su un mondo che doveva cambiare, per forza di cose".

Funzionò?

"Sulla base della mia esperienza, John Elkann dimostrò che la Juve era importante per la dinastia, per la famiglia Agnelli. Sono convinto che il sentimento non sia cambiato".

Eppure i tanti tifosi bianconeri non hanno un bel ricordo di quel periodo, serie B a parte.

"Un tifoso guarda gli almanacchi. L’albo d’oro. E lo capisco. Ma le cose vanno messe in prospettiva. In un momento non facile per l’immagine della Juventus, ad esempio, noi avviammo e completammo la realizzazione del nuovo stadio. Che certo ha giocato un ruolo non marginale, anzi, fondamentale, nei successi sportivi che sono arrivati poi".

Costruire per ripartire.

"Esatto. Era la nostra filosofia al tempo e posso aggiungere che non mi sono meravigliato, conoscendo la storia, dei nove scudetti consecutivi".

Montali, da fuori sorprende una cosa: del nuovo vertice juventino non fa parte nemmeno un uomo di calcio, uno che venga dal campo, dal pallone…

"Aspetti, lei vuole tirare fuori un nome".

Alex Del Piero.

"Qui bisogna essere chiari, gli equivoci sono pericolosi. Va bene come premessa?"

Approvata.

"Allora aggiungo che la Juve ha assolutamente necessità di una figura come quella del glorioso numero dieci. Ma ad una condizione".

Quale?

"Uno come Alex ha il diritto di occupare un ruolo operativo. Deve poter incidere, deve poter decidere. Come fa Maldini al Milan. Ma Del Piero non può essere usato come la Roma intendeva utilizzare Totti, cioè come una bandiera da sventolare".

Quindi lei lo prenderebbe come capo della area tecnica bianconera?

"Oggi io mi occupo felicemente di golf, magari nel calcio tornerò fra dieci anni. Ma se la Juve fosse mia di sicuro Del Piero sarebbe già dietro la scrivania, a comandare".

L’uomo giusto al posto giusto.

"Secondo me, assolutamente sì"