All’inferno e ritorno: Grosjean miracolato

In Bahrain la Haas del francese buca il guard rail, si sbriciola e diventa fuoco. Il pilota esce dalle fiamme e si salva grazie all’Halo

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di Leo Turrini

L’orrore. All’improvviso. Nel deserto. In un attimo, la Formula Uno rivede l’inferno di momenti dimenticati. Una monoposto che buca un guard rail e letteralmente si spezza in due. Una palla di fuoco che sale verso il cielo. Come l’immagine di una esplosione. E infine miracolosamente, ma vorrei aggiungere incredibilmente, l’uomo che stava su quella macchina, il pilota francese Romain Grosjean, beh, esce vivo dall’apocalisse. Bruciacchiato, spaventato, atterrito.

Ma vivo.

Il botto. Accade a Sakhir. Accade nelle primissime fasi del Gran Premio del Bahrain. Accade nelle retrovie, perché la Haas, la macchina di Grosjean, è una delle più scarse.

La vettura del francese si tocca con la Alpha Tauri del russo Kviat. Un episodio come tanti. Un dettaglio di cronaca che invece si trasforma in un incubo. Nel frastuono di motori che di lì a pochissimo, in un istante eterno, si spegneranno.

È un attimo. La Haas punta contro il guard rail. E qui capitano tre cose in apparenza inspiegabili. Almeno per chi ha memoria degli enormi progressi compiuti dalla Formula Uno sulla strada della sicurezza, attiva e passiva.

La prima. La monoposto americana, motorizzata Ferrari, “buca” il guard rail. E già questo non è normale. Nemmeno si comprende se davvero un guard rail fosse necessario, proprio lì.

La seconda. Nell’urto, la macchina si sbriciola. Non è una metafora. Il retrotreno resta al di qua della barriera. La sezione anteriore vola al di là. E dentro, allacciato ovviamente alle cinture, ci sta il povero Grosjean.

La terza. Da anni, anzi da decenni!, la F1 ha azzerato il pericolo dei roghi da impatto. L’utilizzo di serbatoi speciali ha cancellato il ricordo delle fiamme assassine. La lezione di Niki Lauda, sfigurato dalle fiamme al Nurburgring nel 1976, ha insegnato tanto.

Eppure, stavolta l’incendio c’è stato. Immediato. Violento. Spaventoso.

Come è stato possibile?

Il sollievo. Per fortuna, il viaggio all’inferno di Romain Grosjean prevedeva il biglietto di ritorno! Mentre la gara veniva subito interrotta, l’ansia si è impadronita di chi temeva, legittimamente, l’irreparabile.

Invece, nella convulsa dinamica dell’incidente, il francese non ha perso conoscenza. È rimasto lucido. Ha governato il panico. Ha slacciato le cinture. È uscito sulle sue gambe dall’abitacolo. Vederlo, sotto shock ma senza ferite gravi sul corpo, è stato un sollievo indicibile, perché ci sono sentimenti che non si possono raccontare.

Caricato su una ambulanza, il driver della Haas è stato medicato presso l’infermeria del circuito. E da lì con un elicottero è stato trasferito all’ospedale militare di Manama.

La salvezza. Probabilmente ad evitare il peggio è stato l’halo, quel dispositivo di protezione per la testa dei piloti introdotto, anche in mezzo a qualche polemica, nel 2018.

Esteticamente l’halo non è bello da vedere, ma ormai (per fortuna!) tutti ne hanno compreso l’utilità.

Halo fu voluto da Jean Todt, il presidente della federazione internazionale, dopo l’incidente del 2014 a Suzuka, che portò alla morte, mesi dopo lo schianto, di Jules Bianchi, allievo della Accademia Ferrari, iscritto al mondiale con il team Marussia.

Le reazioni. Quando i suoi colleghi hanno capito cosa era successo, hanno riportato le macchine in corsia ai box. Un applauso corale si è levato quando sui maxi schermi sono apparse le immagini di Grosjean, zoppicante ma scampato al disastro.

Lewis Hamilton ha voluto subito pubblicare sui social il suo commento, per ricordare a tutti come l’automobilismo, nonostante gli sforzi di tutti, conservi una ineliminabile componente di rischio.

Ieri, nel deserto, è accaduto un miracolo. Meno male.