Giovedì 18 Aprile 2024

Alaphilippe, rivincita e lacrime per il papà

A giugno la tragedia del padre, poi ha perso il Tour per una borraccia, adesso finalmente l’oro e un grande pianto liberatore

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di Angelo Costa

Voilà. Da uno dei Mondiali più duri degli ultimi quarant’anni esce il vincitore più degno: Julian Alaphilippe è il più forte. Non solo in questa giornata, ma molto spesso in questo genere di corse. Fa centro alla sua maniera, da campione spettacolare qual è, lasciandosi alle spalle un ordine d’arrivo che assomiglia parecchio alla classifica dei migliori del pianeta e interrompendo il digiuno della Francia, che non indossava la maglia arcobaleno da 23 anni. Chapeau.

Tutti in fila dietro LouLou, 28 anni, originario della Loira, il D’Artagnan della bici con il quale non ci si annoia mai: uomo da grandi classiche (ha in bacheca una Sanremo, la Strade Bianche, una Freccia, oltre a più tappe nei grandi giri), un anno fa ha provato a far classifica al Tour e per poco non va vicino a vincerlo. Vince comunque la diffidenza dei suoi connazionali verso un francese che veste la maglia di una squadra straniera: correndo all’attacco in maglia gialla, Alaphilippe salda il conto degli affetti in patria. Qui in Italia completa l’opera a livello di passioni, perché alla Francia campione del mondo nel calcio restituisce anche l’iride del ciclismo. "Sto vivendo un giorno da sogno, che vale una carriera. Ci sono sempre andato vicino ma non ero mai salito sul podio", racconta LouLou in lacrime, dopo aver cominciato a piangere già mentre, tutto solo, taglia il traguardo: sta pensando a papà Jacques, scomparso in giugno, al quale già aveva dedicato la maglia gialla a fine agosto, anche in quel caso singhiozzando.

Maglia persa il giorno dopo per un rifornimento irregolare, un incidente di percorso banale, ma sufficiente per credere che, fra bici e famiglia, questo sia un anno storto, dopo aver perso una Sanremo da Van Aert per pochi centimetri ed esser stato fermato alle Strade Bianche da ben cinque forature. Arrendersi non è comunque un verbo da campioni, meno ancora da Alaphilippe, che si presenta a Imola fin da lunedì scorso, scortato dalla compagna Marion Rousse, ex ciclista oggi opinionista tv, e soprattutto "dalla grande ambizione di poter vincere questo Mondiale", come racconta lui.

Ci riesce prima muovendo bene i compagni, che cominciano a forzare il ritmo a due giri dalla fine, quando Pogacar accende la corsa, poi entrando in scena in prima persona, dopo esser rimasto nascosto in fondo al gruppo dei migliori, facendo quasi credere di non essere in giornata da LouLou. E invece: un solo scatto in cima alla salita della Gallisterna, a 12 chilometri dall’autodromo, e via a testa bassa, preoccupato solo di chiedere alla moto della tv quanto sia il suo vantaggio sugli inseguitori, tutti d’alto rango, perché con Van Aert, il più sorpreso dal blitz del rivale francese, restano Hirschi, Kwiatkowski, Fuglsang e Roglic. Pochi secondi, una quindicina, quanto basta ad un campione di questa taglia per diventare imprendibile e godersi la festa, gioia e lacrime che si mescolano. Dietro sembrano quasi capire che quando Alaphilippe è in giornate così non resta che litigarsi le medaglie: l’argento aumenta i rimpianti di Van Aert, già secondo nella crono, il bronzo è il premio al talento del giovane svizzero Hirschi, gli altri tutti dietro, in una classifica bellissima come lo è stata una corsa degna di chi l’ha conquistata.