Sochi, 5 febbraio 2014 - Oggi voglio raccontare una delle situazioni più divertenti alle quali mi sia capitato di assistere in veste di olimpico guardone. Salt Lake 2002. Pochi mesi dopo l’11 settembre. Edizione blindatissima dei Giochi: trovavi un marine con il fucle spianato anche se andavi alla toilette. Alè.

In mezzo ai…marines, vado ad assistere alle finali dello short track, quella lotteria bizzara sui pattini, una riffa su un anello di ghiaccio corto e stretto. Gara dei mille metri. Quarti di finale. Un simpatico pippone australiano, tale Steven Bradbury, è il candidato numero uno ad una precoce eliminazione. Del resto, in Australia hanno il mare, mica il ghiaccio.

Sono lì che mi rilasso quando all’improvviso davanti a Bradbury, spintonandosi come indemoniati, franano giù i migliori. Steven se ne stava ultimo ultimo, buono buono buono, quatto quatto. Essendo rimasto sui pattini, unico, passa il turno. Va là che sei nato con la camicia.

Semifinale. Incredibilmente, la scena si ripete. I più forti si scannano. Gomitate, ginocchiate, ancate. Bradbury, ancora staccatissimo, assiste da lontano, da molto lontano, alla simbolica carneficina. Ed entra in finale.

A questo punto io vado nel panico. Sta a vedere, mi dico, che Steven ha stipulato un patto con il diavolo. E se poi prende una medaglia? Meglio informarsi sul personaggio! Salta fuori che non ha ancora trent’anni, non è malaccio sui pattini, ha anche preso un bronzo olimpico a Lillehammer nel 1994, in staffetta. Inoltre è incappato in un terribile incidente in gara, ha rischiato di morire dissanguato causa taglio profondissimo prodotto da una lama. 

Oh Signore! Adesso ho capito. La Provvidenza lo sta ricompensando. Beh, che voi ci crediate o no, sostenuto dal mio tifo (dovevo essere l’unico, in un catino che impazziva per l’americano Apolo Ohno, ad incitare Steven), in finale Bradbury applicò di nuovo la sua perfetta strategia. Ultimissimo. Staccatissimo. Placido spettatore della rissa altrui.

E che accadde, no, dico, che accadde? Ovvio. Si schiantarono tutti. Si frantumarono. Si rassegnarono, strillando, all’ineluttabile. Il Dio dell’Olimpiade aveva deciso che Steven Bradbury aveva diritto al riconoscimento supremo. Rimase sui pattini solo lui. Medaglia d’oro! Dopo, l’australiano disse: ‘Beh, lo ammetto, non ero io il più veloce’.

Vi ho appena raccontato come una tartaruga sconfisse le gazzelle, le antilopi, i ghepardi.

Ps. Oggi Bradbury ha quasi 41 anni e in Australia è, legittimamente, un idolo nazionale.

 

di Leo Turrini