{{IMG_SX}}Milano, 24 aprile 2008  - Dicono che sul tavolo del Procuratore Federale, dottor Stefano Palazzi, ci siano circa 800 pratiche relative a inchieste del mondo del calcio, molte delle quali a serio rischio di prescrizione. Dicono che nelle stanze della Procura di Napoli giacciano fra le 20 e le 34 schede telefoniche (Sim) slovene e lussemburghesi, scoperte nell'ambito dell'inchiesta su calciopoli (1 o 2 non importa) senza che sopra ci sia scritto il nome di un titolare pur avendo la possibilità di scoprirlo. Poco importa. Se è vero (come è vero) che "la giustizia ad orologeria" vede molto ma non vede tutto.

 

I 14 deferimenti di Palazzi (o se preferite, del Palazzo) nei confronti di Moggi, arbitri e dirigenti calcistici, non sorprendono per la tempistica. E il motivo è semplice: l'esigenza del sistema (della Federazione, di Gussoni e di qualcun altro) era di fermare gli arbitri coinvolti che altrimenti sarebbero potuti tornare in campo (a cominciare da Paparesta e Bertini), visto che la sospensione cautelare di un direttore di gara può durare al massimo quattro mesi e può essere prorogata per tre volte.

 

Per evitare brutte sorprese Palazzi ha acceso il semaforo rosso, rendendo pubblici i deferimenti e "congelando" le situazioni ei "fischietti" coinvolti. Dunque, un anno di attesa per sapere qualcosa. Ma in tutto questo tempo di cosa si è occupato il dottor Palazzi? Di certo non dell'inchiesta sulle plusvalenze, o di quella sui procuratori, o di tante altre che attendono una verità (per attendere notizie sulle squadre di serie C ci si è ridotti alle ultime giornate di campionato...). Avendo in mano le carte dalla primavera del 2007, dopo le deposizioni di Paparesta senior e junior e di Nucini non si poteva accelerare l'inchiesta?

 


Il problema più grave, di cui forse pochi sono a conoscenza, è che non tutti i nomi degli illustri interlocutori di Moggi, omaggiati di una scheda telefonica straniera dall'ex dg bianconero, sono venuti alla luce del sole. E' vero, le operazioni sono costose e richiedono tempo, la punta dell'iceberg è stata scoperta è già questo ha soddisfatto gli investigatori cui interessava soprattutto sapere come funzionava il sistema, ma di fronte a scandali (così lo hanno definito) importanti non ha senso fermarsi a metà dell'opera. C'era forse da salvare qualcuno?

 

I beninformati assicurano che fra i tanti possessori delle schede slovene e lussemburghesi (di quelle Sunrise, acquistate a Chiasso in Svizzera, sono stati rintracciati i possesori) ci sia qualche "pezzo grosso" in pianta stabile a Roma. Magari potente. O anche meno. Baterebbe leggere attentamente tutte le carte delle intercettazioni e delle deposizioni di indagati e testim per capire che Moggi parlava con tutti, ma proprio con tutti.

 

Eppure di alcune telefonate non ci sarebbe traccia, proprio perché non era semplice controllare le chiamate su schede telefoniche estere. Nessuno, di certo, può escludere che le sim in oggetto avesse anche qualche arbitro in attività visto che già in 8 sono stati "pizzicati". E la cosa allora sarebbe gravissima, perchè vorrebbe dire che ancora una volta, l'ennesima, qualcuno sta cercando di insabbiare il marcio che è rimasto.

 

Nel frattempo pagano i "soliti" noti. E va registrato anche il breve, ma significativo sfogo di Gianluca Paparesta, che ha confidato a chi lo conosce bene di sentirsi "molto amareggiato. Si sta davvero esagerando Ho già scontato un anno di sospensione dopo essere stato l'unico a collaborare. Questa non è giustizia, è giustizia sommaria. Evidentemente qualcuno non vuole che torni più ad arbitrare ma ben venga questo nuovo deferimento. Andrò avanti per la mia strada e lotterò finchè non sarà tutto chiarito".

 


Un'ultima cosa. Uno dei principali responsabili dello scempio calcistico italiano, l'ex presidente dell'Aia Tullio Lanese, è riuscito a scampare non si sa come il rullo compressore Palazzi. Eppure una condanna di un anno (già scontata) per "rapporti pericolosi" nel sistema calcio l'aveva avuta l'ex "fischietto" siciliano. Davvero Lanese nulla sapeva delle sim? Davvero non ne possedeva una? Tutto tace, ma qualcuno dovrà pur spiegare. Altrimenti non si può dar torto allo stesso Lanese che, superata la bufera, ha candidamente pensato di ricandidarsi alle prossime elezioni dei vertici arbitrali del prossimo autunno. Come se nulla fosse successo.