Elena G. Polidori
ROMA, 18 dicembre 2011 - LA RAI potrà mai cambiare? Viene da dire di no ma volendo non ci vorrebbe molto. Basterebbe incidere direttamente su tre punti che, da sempre, sono la rappresentazione plastica del "costo della politica" in azienda. Il primo luogo riguarda i contratti artistici, il secondo è il costo degli stipendi dei direttori di rete e testata e il terzo, gli appalti esterni. Ora, negli ultimi tempi il fronte "appalti" ha subìto un netto ridimensionamento, se non altro per il fatto che la Rai ha poca liquidità e paga con grande ritardo le forniture.

Persino la Lux Vide dell’ancora potente Ettore Bernabei, casa di produzione di fiction per Raiuno, vanta ancora parecchi crediti con la tv di Stato. Restano gli altri due ambiti, quelli sì note dolenti sul bilancio aziendale. La Rai ha 11.402 dipendenti, di cui 1675 giornalisti (in tutta Italia, ovvio). Il costo del personale ammonta a circa 900 milioni di euro l’anno e potrebbe essere senz’altro tagliato, solo che ci sono delle ‘sacche di resistenza’ che appaiono particolarmente difficili da incidere.

A PARTIRE dal costo giornalistico di qualche direttore dei tg e gr. Chi costa più di tutti è Augusto Minzolini: 550mila euro l’anno. E continuerà a pesare sui conti aziendali fino alla pensione. Impossibile, infatti, licenziare Minzolini perché non è stato assunto come direttore bensì come caporedattore con funzioni di direttore del Tg1. Dunque resterà in Rai, forse in un esilio dorato a New York o Parigi, ma il suo peso economico sulle casse Rai resterà immutato; nessuno gli toccherà lo stipendio per evitare una causa, ovviamente.
 

Quanto costa la politica alla Rai? Un’esagerazione, dunque. Certo, Minzolini ha uno stipendio fuori target anche in azienda se si considera che Marcello Masi, direttore del Tg2 costa meno di 300mila euro l’anno e Bianca Berlinguer, direttore del Tg3, non arriva ai 200. E non c’è dubbio, per altro, che a questi 550mila euro l’anno che gli sono stati versati in questi anni non è corrisposta alcuna miglioria qualitativa del Tg1 che, infatti, con Minzolini ha toccato il minimo storico di share rispetto alla concorrenza (16,5%).


NON ERA SUCCESSO con Gianni Riotta (che pure non aveva fatto bene e guadagnava meno di 500mila euro, anche se per un periodo ha avuto un appartamento pagato dalla Rai) sotto l’occhio attento di una Lucia Annunziata presidente che guadagnava 450mila euro l’anno "all inclusive".

Ma, forse, non è neppure questo che pesa. C’è una "casta", in Rai, che non si può toccare. E che riguarda le risorse artistiche che pesano e non producono. Oppure quelli che costano moltissimo, ma fanno un prodotto giudicato "in perdita netta". In Rai, questi li chiamano "intoccabili". Due esempi di questa stagione: Giuliano Ferrara costa alla Rai un milione e mezzo di euro l’anno, la trasmissione fa il 16% , cinque punti sotto la media di rete che è l’ammiraglia Raiuno. Vittorio Sgarbi continua ad essere pagato dalla Rai (il suo contratto è di 700mila euro l’anno, anche se si sta cercando di uscirne) ma ha fatto solo una puntata del suo programma e solo la scenografia della trasmissione era costata 800mila euro.È stato tutto buttato.

 In panchina, ma pagato ancora dalla Rai in esclusiva, c’è Pippo Baudo. E Maurizio Costanzo, il primo costa un milione di euro circa l’anno, il secondo poco più di 600mila, mentre si sono chiusi da poco quelli di Caterina Balivo e Paola Perego, i cui programmi non sono andati bene. Ma sono solo alcuni degli esempi. Da notare che negli ultimi 10 anni la struttura "Direzione risorse artistiche" è stata gestita da Lorenza Lei che ne era dirigente e che ha firmato i contratti di Ferrara e Sgarbi come direttore generale perché rientravano, come cifra, nella sua procura; sopra i due milioni di euro sarebbero dovuti passare dal cda.