Viareggio, 06 agosto 2011 - "Gloria,  manchi tu nell’aria, manchi ad una mano, che lavora piano, manchi a questa bocca, e sempre questa storia  che lei la chiamo Gloria".
 

ERA IL 1979 e quella canzone di Umberto Tozzi fece il giro del mondo: la cantava tutta Italia, la intonavano in Europa e in America, ripresa da Laura Branigan, conquistò il primo posto nella top dei singoli. Un risultato prestigioso, riuscito solo ad un altro italiano: Domenico Modugno con “Nel blu dipinto di blu”. Sono passati oltre 30 anni e “Gloria”, come “Ti amo”, continua a essere l’immagine vincente della nostra musica leggera, quella che negli anni 80 prolificava di voci e idee. Un periodo d’oro, quello, dopo la magia dei Sessanta. C’erano Gianni Morandi, Claudio Baglioni, Enrico Ruggeri, Fausto Leali, Riccardo Cocciante, Antonello Venditti...
Tozzi, nostalgia di quel periodo?
«E come non averla! E’ stata un’epoca dove gli artisti creavano, ma venivano anche coccolati. Facevamo tutti parte di una grande famiglia. E soprattutto c’era una discografia competente, non come quella di oggi dove chi produce dischi prima vendeva lattine di Coca Cola».
Cattivissimo...
«Ma è la verità! Oggi è un disastro: non c’è più cuore. E per gli artisti giovani non c’è spazio».
Però qualcuno ogni tanto emerge, anche grazie ai talent.
«Come si può creare un cantante facendogli intonare la canzone di un altro... I talent sono solo dei contenitori che creano futuri depressi. Jimi Hendrix o Bob Dylan si sono formati con “Amici” o “X Factor”? Quelli sono solo spettacoli televisivi».
E ai suoi tempi?
«Potevi permetterti di sognare e con un po’ di fortuna poteva anche capitarti di trovare la persona competente. Così giocavi le tue carte. Oggi è tutto cambiato: manca l’aggregrazione, i giovani si mettono davanti a un computer, strapazzano delle note, suonano da soli, inviano il cd... Non è così che nascono le canzoni forti. Ci vuole chitarra e pianoforte a voce».
E le sue canzoni come sono nate?
«Per rabbia. Quando ho scritto “Ti amo” ero con il mio produttore, Bigazzi. Non mi veniva niente, giravo intorno alle note, poi... d’impulso feci un giro armonico ed ecco qua. Per “Gloria” abitavo a Torino con i miei genitori. Ricordo ancora che avevo affittato un piano a muro a settemila lire al mese... La musica nasce così per chi la fa in modo naturale. E oggi mi rendo conto della forza che hanno ancora certi miei brani quando faccio concerti dal vivo: tutti li intonano».
I concerti. Il prossimo 8 agosto a Viareggio, unica tappa italiana, poi il tour europeo. Una scelta o una necessità?
«Si va dove ci chiamano. In Italia per artisti della mia generazione ci sono sempre meno opportunità, non smuoviamo grandi folle. E il mercato è spietato, non ha rispetto per i suoi artisti. Non succede così in Francia, dove abito. Qui chi ha scritto pagine importanti della musica ha ancora un valore».
Tozzi, lei ha cantato al matrimonio di Alberto di Monaco proprio la sua “Ti amo”.
«Con il principe siamo amici. E Charlene aveva invitato al galà dell’Opera un gruppo sudafricano, i Romans, che sono diventati famosi proprio con la mia canzone in lingua zulu. Tutto qui».
Lei oggi ha quasi 60 anni. Rimpianti?
«No, sono stato un privilegiato. Da 25 anni vivo con una donna magnifica che mi ha dato due figli, Gianluca e Natasha; sono nonno da un mese e abito in un piccolo borgo di campagna. Nessun rimpianto, casomai alcuni errori. Ma quelli fanno parte della vita».