Roma, 2 agosto 2010 - "Se due tuoi amici perdono un figlio non puoi rimanere lì a farti domande, ma solo stargli vicino", ammetteva Bono anni fa stringendosi a Luciano Pavarotti e Nicoletta Mantovani per l’addio a Riccardo, il gemello della loro piccola Alice nato morto. La voce degli U2 sa bene qual è il peso degli affetti nella ricomposizione delle esistenze in frantumi.

E lo sa pure Gianni Morandi, fra i primi a non “rimanere lì a farsi domande” davanti a quella sorte che due mesi fa ha strappato a Niccolò Fabi e alla compagna-fotografa Shirin Amini una bimba di nemmeno due anni, Olivia. Anzi, Lulùbella come la chiamavano in casa.

"Sepsi meningococcica fulminante", ha sentenziato il referto medico, gelando nella freddezza scientifica del termine uno smisurato senso di ingiustizia.

Un vuoto dell’anima che domani (dalle 3 del pomeriggio) proveranno a lenire in tanti sotto il sole di una fattoria alle porte di Roma adagiata tra le dolci anse del fiume Treja, spogliandosi assieme a Niccolò dei loro acclamati cognomi da hit parade per tornare ad essere semplicemente Lorenzo, Fiorella, Simone, Claudio, Daniele, Marina, Samuele, Enrico, Giuliano, Paola, Max, Gianni.

"E’ stato un colpo durissimo per tutti e soprattutto per noi che siamo amici di Fabi da tanto tempo" spiega Morandi: "Fabi è un puro, uno che ci crede per davvero nelle cose che fa. Ama il calcio ma ancor di più la solidarietà che ne può derivare. In questi tredici anni di militanza nella Nazionale Cantanti ha fatto cose formidabili; è volato in India ad incontrare il Dalai Lama nella sua residenza himalaiana di Dharamsala e poi in Guatemala per parlare con Rigoberta Menchú. In Palestina ha stretto la mano a Yasser Arafat e a Shimon Peres e in Campidoglio a Mikhail Gorbaciov. A lui, a Mogol, a Ramazzotti, a Ruggeri, a Barbarossa mi legano ore e ore di riunioni in ufficio, di confronti e di discussioni negli spogliatoi".

Fabi dice che la tragedia ha fatto diventare Olivia la nipotina di tutti "come se fosse nata per essere seme e non fiore". Morandi concorda: "Non so proprio come si possa resistere ad una prova così dura, ma Niccolò ha dalla sua una grande forza d’animo e una compagna straordinaria. Quando lui e Shirin mi hanno detto che intendevano provare ad elaborare questo lutto con gli amici e i fans proprio il giorno in cui la loro piccola avrebbe compiuto due anni, con un evento su quei prati dove un tempo giocavano felici, non ho avuto un attimo di esitazione. E trovo molto bella l’idea di sfruttare l’occasione per raccogliere fondi con cui ricostruire il reparto pediatrico dell’ospedale di Chiulo in Angola, come continuare la vita della loro piccola in quelle dei tanti che grazie a questa iniziativa potranno salvarsi".

"D’altronde Niccolò è uno dei colleghi più amati nell’ambiente; una persona pulita, piena di sogni, di entusiasmi, di passioni autentiche. Così se all’inizio avremmo dovuto esibirci solo in tre o in quattro, la spontanea adesione di così tanti colleghi ha cambiato connotati all’evento, ma non il suo spirito".

Morandi canterà “Vita”. "Me l’ha chiesto Fabi stesso — spiega — forse per quelle parole che dicono “vita in te ci credo, le nebbie si diradano...”. Per Niccolò, infatti, le parole sono importanti; non se ne volano via una volta pronunciate, ma rimangono lì a tenerci compagnia. Anch’io dopo più di quarant’anni mi porto dentro quelle che mi disse Claudio Villa una brutta giornata di gennaio del ’67 quando, a poche ore dall’ultima puntata di Canzonissima, che in quell’edizione si chiamava “Scala reale”, mia figlia Serena, nata prematura, morì facendomi passare dalla gioia della prima paternità alla disperazione: "Ci sono milioni di persone che aspettano questa finale, stasera devi cantare", disse Claudio, abbracciandomi. Fu proprio lui a spingermi in scena sotto gli occhi preoccupati del padrone di casa Peppino De Filippo. Eravamo uno contro l’altro, a fare il nostro mestiere. A divertire la gente, come se nulla fosse accaduto. Avevo chiesto infatti di mantenere nascosta la notizia a radio e telegiornali. Villa cantava “Granada”, io “La fisarmonica”. Vinse lui. Ma a ripensarci ora mi rendo conto di aver avuto una sorte meno atroce di quella di Niccolò; la mia Serena infatti visse solo otto ore, nemmeno il tempo di giocarci".