Festival di Cannes 2022, Jasmine Trinca debutta alla regia con il film 'Marcel!'

"Racconto una maternità sghemba, tra il dolore e l’arte. Capace di un amore diverso"

Cinque anni fa esatti, a Cannes, vinceva il premio come miglior interprete di "Un certain regard" per il film Fortunata. Cinque anni dopo, lo stesso giorno, Jasmine Trinca compie, a Cannes, un altro rito di passaggio, di ingresso nella famiglia del grande cinema e, forse, della sua storia. Jasmine presenta oggi, nelle Séances speciales, il suo primo film da regista, Marcel!, con il punto esclamativo. È la storia, surreale e poetica, con accenti quasi chapliniani, del rapporto fra una madre difficile, distante, distratta dall’amore per il suo cane, e una figlia che ha lo sguardo assorto e deciso della piccola Maayane Conti. Nelle sale dal 1° giugno.

Quanta strada per Jasmine, dalla sua prima Cannes, nel 2001. Per il ruolo di Irene ne La stanza del figlio, Nanni Moretti provinò più di duemila ragazze: scelse lei, classe 1981. Il film vinse la Palma d’oro, e da quel momento, Jasmine ne ha fatta di strada. Due David di Donatello, quattro Nastri d’argento, il premio Marcello Mastroianni a Venezia. Ora, a 41 anni, mentre fa parte della giuria internazionale della Palma d’oro, ecco per lei un nuovo battesimo. E lei è visibilmente emozionata e felice, al fianco di Maayane Conti, Alba Rohrwacher che interpreta la madre artista, smarrita, sconcertante. E Giovanna Ralli che ha un ruolo breve, ma intenso per affetto, empatia, umanità.

Jasmine, cosa la ha spinta a tentare per la prima volta la strada della regia?

"Sono passati vent’anni da quando venni per la prima volta a Cannes, con Nanni Moretti, alla mia prima esperienza da attrice. Sono stati anni di gioie, di dolori, di incontri con persone incredibilmente creative. Alla fine, ho pensato che mi sarebbe piaciuto, per una volta, rovesciare lo sguardo. E provare a raccontare, in prima persona, delle cose".

In questa storia fra una madre e una figlia quanto c’è di lei, della sua storia personale?

"Mia madre era una donna molto più libera di me, anche più libera di quanto sia libera io adesso. Non era una madre oblativa, capace di amare e offrire senza chiedere niente in cambio; non era “devota“ alla figliolanza. Ma mi ha trasmesso il senso di che cosa potessi essere, diventare. Col poco che avevamo, sono arrivata qua. Vuol dire che è stata una grande madre. E questo film è il mio tentativo di fare pace con lei, e di ringraziarla".

La madre del film è molto singolare.

"Non è certo il “materno“ paradigmatico della società in cui viviamo. È una madre sghemba, abitata dall’arte e dal dolore. Capace, però, di grandi slanci e di grande amore. Io la trovo una supereroina, una donna che combatte con la vita e con l’arte. Una madre che non è “curativa“, ma sa curare in un altro modo".

Giovanna Ralli, per lei come è stato entrare in questa «famiglia», e tornare al cinema?

"È stato emozionante, perché erano otto anni che non facevo nulla. È una piccola partecipazione, ma mi ha riempito di gioia. Ora devo fare il red carpet: speriamo di non cadere…".

Alba Rohrwacher, come ha lavorato sul suo personaggio? "Quando Jasmine me lo ha chiesto, è stato come quando qualcuno ti chiede di custodire qualcosa di prezioso: la mia è una madre fuori dagli schemi, capace di crudeltà ma anche di accoglienza".

Jasmine, come ci si trova dall’altra parte dell’obiettivo?

"Gli attori arrivano quando la storia è stata già scritta, quando tutto è pronto. Se invece quella storia la fai nascere, la modelli, è tutta un’altra cosa. Alla fine, guardavo le attrici e gli attori del film come se non fossi anch’io una di loro!".

Oltre Chaplin, sente di avere avuto modelli, ispirazioni?

"Sì, certo. I Peanuts".