{{IMG_SX}}Torino, 29 Aprile 2008 - Parenti, colleghi e amici dei sette operai morti bruciati vivi nel rogo alla ThyssenKrupp del 6 dicembre scorso, si sono ritrovati  nella sala incontro della Fondazione Sandretto Re Rebaundego e hanno guardato insieme, in anteprima, il film documentario di Simona Ercolani, 'La classe operaia va all'inferno'. Nel silenzio si sentivano i pianti delle mogli, dei figli, dei genitori, ma faceva rumore anche la rabbia. Un rumore sordo, rimbalzato dalle dichiarazioni di tanti parenti intervistati nel bel film della Ercolani, in programma su Rai3 in settembre, ma anche, ancora una volta, raccontato dal vivo da chi oggi era lì, cinque mesi dopo quella tragedia.

 

Come la mamma di Beppe Demasi che non riesce a smettere di dire: ''Scusatemi ma io quelli lì li vorrei vedere morti, mi hanno portato il mio angelo, e si sono fatti i soldi, hanno fatto gli utili con gli straordinari di mio figlio, ma non hanno speso qualche centinaio di euro per riempire gli estintori''.

 

''Questo film è bello, è importante - ha aggiunto Rosa Demasi - ma l'unica cosa che mi brucia è che oggi, per venire qui, primo giorno dalla morte di Beppe, non sono andata al cimitero.
Tutti i giorni gli porto i fiori freschi, una volta gli compravo scarpe e vestiti firmati, quando potevo, oggi gli compro i fiori. Quando mi prenderò le mie due settimane di ferie, starò lì con lui, tutto il giorno''.

 

Ma c'era anche chi la rabbia non riesce più a gridarla, oppure l'ha elaborata in qualche modo come Rosa Marzo, moglie di Rocco, 54 anni, capoturno amato da tutti i suoi operai. ''Alimentarsi con l'odio non credo serva a nessuno, bisogna andare avanti - dice Rosina, come la chiamano i colleghi del marito - il dolore è vivo come il primo giorno, la vita con mio marito era così bella tutti i momenti, dalla colazione al mattino alla sera quando ci buttavamo sul divano, che nulla sarà più uguale, ma voglio mantenere la lucidità che serve per capire cosa è successo, per chiedere giustizia''.

 

Simona Ercolani, già regista di Sfide, sua Rai3, ha cominciato a girare il suo film prodotto da Fabrizio Rondolino, due giorni dopo dopo il rogo. Da allora è diventata una sorta di amica di famiglia per i parenti e i colleghi dei sette uomini morti alla Thyssen. Uomini ricordati con affetto nel film attraverso primi piani, spezzoni di video amatoriali che li ritraggono con i figli in braccio, a giocare sulla spiaggia, a baciare il consorte il giorno del sì in chiesa.

 

''Sono storie che non vanno dimenticate - ha detto la regista - in un paese dove muoiono ancora 1.260 lavoratori all'anno. Morti maschili che mi sembra, ancora una volta, ricadono sulle spalle delle donne, delle mogli, delle madri, delle sorelle che oltre a rimboccarsi le maniche per supplire a quelle dolorse mancanze, devono consolare gli uomini che restano in famiglia''.

 

A guardare il film c'erano anche tanti ex lavoratori Thyssen, tra quei 200 che erano ancora in fabbrica a dicembre, dopo che nel giugno scorso la Thyssen aveva annunciato la chiusura. C'era anche Ciro Argentino, della Fiom candidato per la Sinistra Arcobaleno e quindi non eletto il 13 aprile. Non c'era invece Antonio Boccuzzi, parlamentare Pd oggi a Roma per l'insediamento alla Camera. Ha però telefonato all'amico e collega Roberto Amato: ''Com'è andato il film? Mi spiace non essere lì''.

 

Un gesto di partecipazione da parte di un operaio oggi parlamentare che sa bene che tra gli operai della Thyssen ci sono diversità di opinioni e di modalità di reazione. La storia della Thyssen e della tragedia di dicembre è troppo complessa per essere sintetizzata in un film che comunque le rende onore. La proiezione di oggi (stasera ci sarà anche il sindaco, Sergio Chiamparino) è inserita in una lunga serie di iniziative realizzate in collaborazione con il Comune di Torino per non dimenticare quanto accaduto.