Mercoledì 24 Aprile 2024

Dentro la Rocca di Castellina

Si celano i segreti della vitivinicoltura toscana

Rocca medievale di Castellina

Rocca medievale di Castellina

Come evidenziano i più attuali studi sulla viticoltura in Etruria, già nel Neolitico gli uomini raccoglievano queste preziose bacche nella zona del Chianti. Le testimonianze, tuttavia, si fanno più numerose a partire dall’Età del Bronzo.

Sia il vino che l’olio, abbondanti in queste terre fin dall’antichità, passano nel corso dei millenni da prodotti per la sussistenza a importante risorsa economica locale. Già in tempi non sospetti, ben lontani dai giorni nostri, i commerci prosperavano tanto che troviamo varie testimonianze di vini etruschi in Gallia.

A scendere in campo nello studio delle vicende della viticoltura è ovviamente l’archeologia, ma non, o almeno, non solo, quella che ci immaginiamo fatta di povere e scavi, bensì “uno straordinario mix in cui rientrano anche biologia molecolare e analisi del DNA.

Castellina, con il tumulo di Montecalvario, Radda, Gaiole, Castelnuovo Berardenga vantano tutte una lunghissima storia vitivinicola. Tra i reperti più antichi e importanti che testimoniano questa tradizione è possibile citare, ad esempio, un’anfora attica a figure nere con la rappresentazione di una scena di simposio sotto la pergola, esposta proprio nel Museo del Chianti Senese.

Curiosità

La viticoltura etrusca era basata su viti selvatiche che crescevano poggiandosi agli alberi del bosco, si parla di “vite maritata”. Dal VI secolo a.C. abbiamo testimonianze del simposio, un’attività amata dalle élites dominanti e in cui spiccava il ruolo del “ministro delle bevande”

Rispetto alla donna greca, quella etrusca godeva di una considerazione sociale superiore che le permetteva di partecipare ai simposi

Le grattuge ritrovate tra gli utensili da simposio dei corredi funebri etruschi servivano a grattugiare il formaggio nel vino per produrre il “kykeon”, una sorta di “energy drink” dei guerrieri del tempo.

Promozione del territorio attraverso la ricerca

Dall’archeologia, alla promozione del territorio, il passo potrebbe essere breve. ArcheoVino è una recente ricerca a cura dell’Università di Siena e della Soprontendenza Archeologia della Toscana sul territorio di Scansano. Il progetto parte dallo studio del DNA di vinaccioli di età etrusca per giungere alla proposta di un parco sulla storia della vitivinicoltura in Maremma. Ma non solo: è già stato impiantato un vitigno selezionando viti antiche e che a nel giro di pochi anni risulterà produttivo. Attraverso tale lavoro, il ruolo della ricerca archeologica nella definizione storica e nella tutela del paesaggio conquista una nuova rilevanza. L’archeologia si avvicina alla “vita di ogni giorno” proponendo nuove prospettive per il futuro.

La sfida? Riuscire a far interagire attori animati da finalità diverse seppure operanti nello stesso comparto. Un progetto sperimentale, quello di ArcheoVino, dimostrazione fin da oggi di come la creazione di un Parco potrebbe trasformarsi in un motore capace di trasmettere, diffondere e trainare l’identità storica, ambientale e produttiva del comparto vitivinicolo.

L’innovazione dei nostri antenati

Già nel periodo etrusco, le tecniche di vinificazione erano molto simili a quelle odierne. Dopo aver effettuato la raccolta, i grappoli di uva venivano pigiati in larghi bacini, successivamente avveniva la torchiatura dei raspi e la fermentazione del mosto in recipienti lasciati aperti per favorire il completamento del processo.

Risalgono “solo” all’età del Ferro, però, le prime evidenze archeologiche e archeobotaniche sicure dell’esistenza della vite domestica e di conseguenza della sua diffusione assieme alle pratiche di vinificazione.