Venerdì 12 Aprile 2024

Viaggio dal Gargano al Salento "Una culla di vitigni autoctoni"

Il sommelier ’da record’ Alessandro Nigro Imperiale traccia un affresco dei vini della sua regione

Viaggio dal Gargano al Salento  "Una culla di vitigni autoctoni"

Viaggio dal Gargano al Salento "Una culla di vitigni autoctoni"

di Francesco Moroni

Che rapporto ha con il vino pugliese? "Lo definirei viscerale. Non solo ho iniziato a degustare il vino in Puglia, ma è lì che ho conosciuto i primi viticoltori ed è nata la mia passione. È qualcosa che mi porto dentro da sempre: anche oggi, che mi sono trasferito in Francia, nella mia carta compaiono dei vini pugliesi che sono protagonisti". Miglior sommelier di Puglia nel 2019, miglior sommelier Ais d’Italia lo scorso anno, vincitore di un importante riconoscimento in Francia ("Qualcosa che non succede spesso", spiega mentre sorride"): Alessandro Nigro Imperiale oggi gestisce l’hotel Four Seasons nel cuore della Costa Azzurra, a Saint-Jean-Cap-Ferrat, a pochi passi da Nizza. Profondamente legato alla sua terra, non perde occasione di presentare e raccontare i prodotti e le eccellenze della sua terra d’origine. Anche in concomitanza del Vinitaly.

Ci racconti la sua storia.

"Sono pugliese, e già a 18 anni mi sono immerso nel mondo del vino. Ho iniziato in Puglia, mi sono laureato in Viticoltura ed enologia, poi ho frequentato il corso da sommelier. Infine i diversi viaggi all’estero, e la decisione di trasferirmi a Parigi, fino alla Costa Azzurra".

Cosa caratterizza i vini pugliesi?

"Oggi la maggior parte sono autoctoni, e rappresentano le varie zone e differenze territoriali della regione. C’è il Nero Di Troia, che arriva dalla parte nord del Gargano e dal Barese: a Castel del Monte c’è la docg. Poi il Primitivo di Manduria, che richiama la parte ionica e tarantina, e il Negramaro dal Salento. E non dobbiamo dimenticare il distretto di San Severo con un ottimo metodo classico da Bombino bianco, o altre espressioni dei vini bianchi autoctoni come il Minutolo della Valle d’Itria".

Una gamma ampia e variegata. "La Puglia è veramente una placenta di vini autoctoni, che hanno anche un certo livello: la loro qualità si fa sentire. Oggi abbiamo la possibilità di degustare anche in maniera verticale i vini pugliesi, qualcosa che dieci anni fa non era possibile".

Perché questi vini riscuotono successo anche all’estero?

"I clienti hanno grande curiosità e sono affascinati dai vini autoctoni: nel nostro Paese, abbiamo la fortuna di avere un’incredibile biodiversità. Tutti i vitigni, in particolare quelli rossi, si distinguono per qualità diverse. Io il Nero Di Troia lo chiamo il ‘Barolo del sud’. Poi c’è il Primitivo, con la sua succosità e questo frutto nero quasi masticabile, una profondità che riesce a raggiungere un perfetto equilibrio tra freschezza degustativa e alcol. Il Negramaro, invece, dà gioia con la sua eleganza, con il suo tannino affusolato e morbido, giocando sui fiori e le spezie. Di questo vino colpisce in particolare la salinità".

Torna spesso in Puglia?

"Scendo una o due volte all’anno, ma vado sempre a trovare quei viticoltori che nel tempo mi hanno dato grande fiducia e con cui ho un feeling speciale. Ma vorrei aggiungere una cosa".

Quale?

"Spero che la mia regione si attrezzi sempre di più e investa sull’enoturismo. Occorre fare rete, dare vita a un circuito virtuoso. Ci sono zone di alto livello, ma bisogna prepararsi meglio all’arrivo di turisti, spesso anche con un portafoglio importante, che hanno voglia di spendere: si mangia benissimo, si beve benissimo, ma ancora mancano gli attori capaci di promuovere questo potenziale a livello comunicativo. Ci arriveremo, ne sono sicuro, ma bisogno insistere e accelerare questo processo".