Mercoledì 24 Aprile 2024

Un simbolo dentro il calice Busi: "Tante sfide dal clima Ma il Chianti resta in salute"

Il presidente del Consorzio traccia un bilancio: "Vendite in calo in tutta la grande distribuzione. Ma la vendemmia è stata abbondante ed è ripartita la crescita. Tantissimi i vigneti ristrutturati".

Un simbolo dentro il calice   Busi: "Tante sfide dal clima  Ma il  Chianti resta in salute"

Un simbolo dentro il calice Busi: "Tante sfide dal clima Ma il Chianti resta in salute"

di Paolo Pellegrini

L’evento che desta più curiosità e attesa sarà sicuramente quello di lunedì 3 alle 15, quando i vigneron della sottozona Rufina presenteranno alla stampa specializzata con il titolo-slogan Alta passione in vigna la seconda annata, la 2019, del progetto Tearraelectae, idea di un vino al top della piramide produttiva, primo esempio in Toscana di un cru di vigna codificato all’interno di un Consorzio. E Rufina del resto in questo momento è un po’ la ’punta’ di un pianeta più ampio e composito: il vasto mondo del Chianti Docg, che con i suoi 15.500 ettari occupa più di un quarto dell’intero Vigneto Toscana. Occupa e caratterizza: ’Chianti’ è da secoli quasi il sinonimo del vino toscano, e da quasi cento anni (la costituzione risale al 1927) si raggruppa sotto la bandiera di un Consorzio che oggi vede all’opera 3mila aziende capaci di mettere sul mercato 100 milioni di bottiglie, in sette sottozone destinate a diventare presto otto con l’arrivo del Chianti Terre di Vinci. ’Chianti’ rimane insomma un brand tra i più noti, le ricerche e gli osservatori lo posizionano ai primi posti delle vendite soprattutto nella grande distribuzione. Una corazzata capace di rispondere anche a "momenti problematici", come li definisce il presidente del Consorzio, Giovanni Busi, rieletto alla guida del ’grande Chianti’ per il quarto mandato.

Di che cosa soffre il Chianti, presidente?

"Di problematiche legate ad eventi climatici (siccità, grandine) che si sono concretizzate nel 2022 in un calo del 10% di prodotto, e così abbiamo messo sul mercato 90 milioni di bottiglie anziché 100, che è il nostro standard. Una congiuntura sfavorevole: noi siamo posizionati per il 65-70% nella grande distribuzione (anche all’estero, la percentuale scende di poco, al 60%), e con meno prodotto si fanno meno promozioni e quindi meno contratti, e si vende meno".

Ma poi c’è stata la vendemmia 2022.

"Sì, per fortuna è stata abbondante, malgrado le previsioni di metà estate e la paura della siccità. Al 28 febbraio abbiamo già un +2,5% su un anno fa".

Un Chianti in salute, insomma.

"Sì, se il prodotto c’è si vende, ricordiamoci che stiamo attraversando un periodo di crisi, lo dimostra il calo di vendite nella gdo. Ma per fortuna c’è un buon recupero nel settore Horeca, la gente non è più costretta a stare in casa e torna nei ristoranti, e beve il nostro vino".

Ma, pensando alla crisi, lo sceglie meno perché vanta prezzi mediamente più bassi, o apprezza una crescita di qualità?

"Penso alla seconda ipotesi. Nel momento della pandemia abbiamo avuto un boom, sto a casa non vado al ristorante non mi compro la maglietta almeno mi stappo una bottiglia di vino buono. Sì, apprezzano la qualità dei nostri vini".

Anche perché le aziende comunque non si sono fermate.

"No, anzi. Sono andate avanti, oggi abbiamo ristrutturato più o meno in tutte le zone il 70-75% dei vigneti, il Sangiovese di oggi non ha nulla a che vedere con quello di 20 o anche 10 anni fa, i cloni sono tutti nuovi".

Anche più resistenti ai cambiamenti del clima?

"Sicuramente alle malattie. Ma la Regione Toscana non vuole autorizzare la commercializzazione di vini da cloni clima-resistenti, si possono fare test ma poi quel vino finisce in distilleria perché non lo posso vendere, quindi faccio le prove su un filare o poco più. Peccato, perché si assaggiano vini buoni, ma ce li devono autorizzare, altrimenti è inutile fare da apripista".

Voi non pensate alle Unità geografiche aggiuntive come il Chianti Classico?

"Non ci servono, le abbiamo già nei nomi delle sottozone, che definiscono i territori. La riconoscibilità c’è già di suo, e nelle masterclass che facciamo all’estero lo facciamo sentire. Anche se poi alla fine il Chianti è percepito come Chianti".

E i mercati?

"Usa e Canada continuano a comprare, la Cina ha tolto le restrizioni che avevano provocato un forte calo e si sta riaprendo. Contiamo sulla trattativa con il Mercasur per riequilibrare le tasse e lavorare bene sul Centro e Sudamerica, mercato bello e maturo che apprezza bene il nostro prodotto. Anche la Francia va bene, perché a Parigi cresce la ristorazione italiana. Certo, ci vorrebbe la modifica degli accordi di Basilea per il ricorso al credito perché i nostri tempi sono diversi dagli altri settori".