Mercoledì 24 Aprile 2024

Terremoto: "Scampata a Saletta di Amatrice: 13 residenti e 21 morti"

Antonia Di Mattia: "Sette fratture e 18 operazioni. Ho perso gli amici di una vita. Sono rimasta perché lo devo a loro"

Antonia Di Mattia

Antonia Di Mattia

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene. Un paese vuole dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta lì ad aspettarti” - Cesare Pavese

Saletta (Rieti), 8 giugno 2019 - Non passa notte che non sia in compagnia degli amici di sempre, quelli che il terremoto ha portato via nel sonno, erano le 3.36 del 24 agosto 2016. Sotto le macerie sono rimasti in 21 qui a Saletta di Amatrice, che aveva appena 13 residenti ma era il paese dei romani in pensione o in vacanza. E' stata una strage. Antonia Di Mattia è una miracolata. Nove ore sotto le macerie, doveva essere la 22esima vittima. Ha scelto di restare, vive in una delle (poche) casette d’emergenza. Tutto attorno rovine e silenzio. Le macerie di tre anni fa sono sempre lì. Il borgo è stato distrutto, anche se i riflettori si sono concentrati su Amatrice. Una devastazione come a Pescara del Tronto, che è già Marche ma si trova a pochi chilometri. Ecco, questo è il centro della botta grossa. “Sono rimasta all’ospedale mesi, lunghi mesi - racconta Antonia –.  Ho cominciato una vita normale tra maggio e giugno 2017. Avevo sette fratture al bacino, ho subìto diciotto interventi. Mi hanno fatto tornare a casa per un po’ di giorni a Natale, anche perché dovevo affrontare un’operazione piuttosto rischiosa, così i dottori hanno pensato che mi sarei rimessa un po’ in sesto la mente. Avevo una ferita pericolosa, finché non chiudeva bene per paura di un’infezione non mi potevano operare. Se si fosse infettato l’osso, non avrei camminato più”. Oggi, tre anni dopo, Antonia ha deciso di restare, “lo devo ai miei amici che non ci sono più - dice seria –. Loro hanno dato la vita per il nostro paese. Eravamo sempre insieme”. Parla con distacco anche delle promesse mancate. “Penso faccia parte della politica, capita in tutte le tragedie. Nel momento dell’emergenza sono tutti bravi. Tanto di cappello a quelli che hanno fatto beneficenza. Da una parte è una cosa bellissima, però dall’altra ha trasformato le persone, l’egoismo fa parte della natura umana. Quando c’è qualcosa da dividere, lo vediamo anche nelle famiglie, si scatenano sempre le  discussioni peggiori". Oggi lo stato d’animo della gente qual è? Sospira: “Un filosofo ha scritto: dopo un disastro,  il primo anno è il tempo del dolore. Hai in mente sempre la stessa cosa, ti svegli la notte, vivi male. Pensi ai morti. Qui a Saletta noi passavamo il Natale, la Pasqua, le domeniche sempre insieme. A mangiare ogni volta eravamo in 10-12. Sono rimaste uccise tutte coppie. Ogni tanto ci diciamo, se almeno di due il mostro ce ne avesse lasciato uno... Invece ci ha portato via tutti. Il secondo anno è il tempo della speranza, si vedono i primi segnali. Invece il terzo anno scatta la rassegnazione, ti viene proprio lo scoramento, ti ripeti: ma qui non ti si fila nessuno, non c’è un cane che ti venga a chiedere, come stai. Allora io mi dico, mi sono salvata, già ho avuto questa fortuna immensa di poter rivedere mia nipote, i figli, la famiglia, gli affetti. E di cosa mi devo preoccupare, di chi non pensa a me? No, rispondo: lasciatemi vivere”.