Da Rigopiano a Viareggio: "Noi, familiari delle stragi, uniti nella stessa battaglia"

Piagentini: "La presenza in aula dei parenti delle vittime cambia tutto, per questo le assicurazioni cercano di risarcire prima". La rete nazionale di comitati ha consegnato un pacchetto di proposte a Bonafede, "diciamo no alla prescrizione". Si avvicina la chiusura delle indagini per i 29 morti sul Gran Sasso e l'appello per la strage del treno

Le 29 vittime di Rigopiano

Le 29 vittime di Rigopiano

Roma, 6 novembre 2018 - La rete dei disastri passa da un pellegrinaggio infaticabile. Mentre l'Italia ormai non riesce più a tenere il conto delle vittime, le famiglie - unite in un comitato nazionale, nato all’Aquila nel 2011, “Noi non dimentichiamo”- il 9 ottobre erano a Longarone, 55 anni dopo il massacro del Vajont. Tre settimane più tardi si sono riunite a San Giuliano di Puglia. “Stragi del terzo millennio per colpa di chi?”, chiedeva l’incontro organizzato per ricordare il massacro dei bambini nella scuola crollata per il terremoto. Ricordate?, era il 31 ottobre di sedici anni fa. C’era anche il ministro della Giustizia Bonafede. E c’erano mamme, papà, fratelli e fidanzati di chi è morto a Rigopiano, guidati dal presidente del comitato, Gianluca Tanda. Oggi sembra più vicina la possibilità di una legge ad hoc per i 29 angeli morti nel resort cancellato da una valanga, sul modello della legge Viareggio. La notizia viene rilanciata mentre si avvicina la chiusura delle indagini, il 18 saranno 22 mesi dalla tragedia, proprio quella potrebbe essere la data della scadenza giudiziaria. Poi si aprirà una fase nuova, quella del processo. Marco Piagentini, superstite e simbolo della strage di Viareggio - famiglia distrutta, moglie e due figli fra le 32 vittime, era il 29 giugno 2009 - si prepara come le altre famiglie all'appello (dal 13) e si rincuora: “Fortunatamente non siamo da soli. Tanti comitati cominciano a vivere le tragedie in modo diverso. Non solo, come spesso ci dicono, rimanendo a casa a piangere. Ci mettiamo qualcosa in più, per ottenere risultati che anche a noi quando abbiamo cominciato sembravano impossibili”. Le vittime si ricordano negli anniversari ma poi sono dimenticate alla svelta. I 43 morti nel crollo del ponte di Genova sono praticamente “spariti”. “Volutamente dimenticati. C’è un unico filo conduttore nei disastri d’Italia.  Questo filo rosso si chiama  profitto”. Avete scritto una lettera aperta alle famiglie di Genova. “Sì, le abbiamo messe in guardia perché noi ci siamo passati. Sappiamo bene che le assicurazioni delle controparti ogni volta cercano di far uscire i parenti dai processi, risarcendoli prima”. Perché? “La legge prevede che i familiari delle vittime si possano costituire nel processo penale esclusivamente per un ristoro economico. Le assicurazioni sanno bene che la partecipazione attiva in aula, magari con i periti com'è successo nel nostro caso, porta inevitabilmente a un modo diverso di affrontare il dibattimento. Non è più il comma, la legge. Entrano in aula le vittime”. Un cambiamento radicale. “Per questo, da Viareggio in avanti, in modo pressante, cercano di evitarlo. Liquidando il più possibile prima le parti civili. Magari anche aumentando l’assegno dovuto. Ci sono tabelle, noi ormai lo sappiamo. Sono disposti anche a raddoppiare la cifra, pur di non avere in aula i familiari dei morti”. Come rete di comitati fate fronte comune. “Da soli non si arriva da nessuna parte. Mentre un familiare deve elaborare il lutto, ricostruire quello che è successo, dall’altra parte c’è già chi lavora per arrivare al processo nella maniera più organizzata possibile”. Anche questa è una disparità.  “Assolutamente sì. Chi è indagato, il giorno dopo inizia a muovere le carte. Chi invece ha subìto un lutto così forte, ci mette anche un anno a capire che strada prendere. Nessuno ufficialmente l’assiste per dire, ecco il percorso da fare. Anzi, spesso gli avvocati stessi si raccomandano di prendere i rimborsi, perché non si sa dove si va a parare”. A San Giuliano avete consegnato un pacchetto di proposte al ministro Bonafede. “Intanto diciamo no alla prescrizione, per noi è inaccettabile nelle stragi. D'ora in poi come comitati ci ritroveremo a cadenza trimestrale per buttare giù un programma e portare avanti tutti insieme richieste precise. Vorremmo che altri non subissero quello che invece è toccato a noi. Sappiamo bene cosa vuol dire”. In qualche modo come associazioni vi trasformate in avvocati di voi stessi e dei vostri cari... “Noi ci siamo ritagliati questo compito stando otto anni in un processo. A fianco di legali e periti. La legge Viareggio ha previsto un rimborso di 200mila euro per ogni vittima e un indennizzo per i feriti gravi e gravissimi. Era nata proprio per evitare i compromessi. Noi questo lo ripetiamo sempre. Le famiglie delle vittime devono essere preparate".