"Noi di Rigopiano, trattati come tragedia minore"

Marcello Martella, il papà di Cecilia, una delle 29 vittime: "A Genova sono arrivati tutti, dal premier ai ministri. Da noi solo una coroncina. Perché gli indagati sono uomini di Stato"

Marcello Martella, il papà di Cecilia, vittima di Rigopiano

Marcello Martella, il papà di Cecilia, vittima di Rigopiano

Atri, 20 ottobre 2018 - “Rigopiano è stata considerata una tragedia minore. Non di serie b, addirittura di serie c. Ancora oggi, a 21 mesi dalla strage, il presidente della nostra Regione non ci ha mai chiamato”. Marcello Martella - il babbo di Cecilia, che aveva 24 anni, una delle 29 vittime dell’hotel cancellato dalla valanga - riesce a nascondere le emozioni dietro un tono calmo. In tv sfilano le immagini di Genova, gli sfollati. Riflette a voce alta: “Comprendiamo quel dolore, lo abbiamo rivissuto. La stessa angoscia, la stessa attesa per il ritrovamento dei corpi. Ma abbiamo anche visto la differenza. Là sono arrivati premier, presidente della Repubblica, tutti i ministri. Funerale di Stato, risarcimenti... A noi hanno mandato una corona e via. Questo è stato il loro commiato. E io so anche il perché. Nella nostra tragedia, dal semplice sindaco di un paese ai presidenti di Regione, gli indagati sono tutti uomini di Stato. Ci hanno chiamato a Roma dopo più di un anno”. La famiglia di Cecilia come tutte le altre aspetta il processo, lo dà per scontato. Come  Romolo Reboa, l'avvocato che la rappresenta. Ci sono 36 indagati, compresi tra presidenti di Regione. L'inchiesta dev'essere ancora chiusa, il legale preferisce non fare previsioni sui tempi, concede solo: “Mi auguro sia entro la fine dell’anno, la Procura ha lavorato bene”. Sui risarcimenti: “Con lo strumento del processo penale i tempi sarebbero biblici. Il mio studio, quando saranno depositati tutti gli atti, sta valutando altre soluzioni in sede civile. Le verificheremo quando avremo tutte le carte”. Ci sono foto di Cecilia ovunque, nella casa di Atri. Angela, la mamma, è stata sempre in prima linea nelle manifestazioni in giro per l’Italia. Confida: “Indossare le magliette con i volti dei nostri 29 angeli è come una sfida. Devono guardare in faccia queste persone, devono ricordare. È l’obiettivo di tutti, nel comitato. Siamo come una famiglia. Quando sto con loro riesco a ridere, senza essere giudicata. E riesco a piangere senza imbarazzi".