Hotel Rigopiano, lo zio di Samuel: "Mio nipote ha trovato la famiglia della Polizia"

Alessandro Di Michelangelo - fratello di Dino, morto nella strage di Rigopiano con la moglie Marina Serraiocco, e poliziotto come lui, ha fiducia: "Avremo giustizia"

Da sinistra, Alessandro Di Michelangelo con il figlio al giuramento del fratello Dino

Da sinistra, Alessandro Di Michelangelo con il figlio al giuramento del fratello Dino

Chieti, 16 gennaio 2018 - Alessandro Di Michelangelo, zio e tutore legale di Samuel, 8 anni appena compiuti, orfano. Il suo nipotino è scampato alla valanga dell'Hotel Rigopiano, estratto vivo dalle macerie dopo più di due giorni. Nella vita lei fa il poliziotto come suo fratello Dino, 40 anni, morto nella strage dell’hotel con la moglie Marina Serraiocco. Tanti familiari delle vittime hanno denunciato: lo Stato ci ha lasciato soli. "Io non posso dirlo. Nella tragedia abbiamo trovato una luce. Questa grande famiglia, la polizia di Stato. Può essere visto come un luogo comune, non è così. Abbiamo sentito subito la solidarietà. Dal primo momento mi sono accorto che non saremmo mai stati soli. Samuel ha il lavoro del babbo che lo sorreggerà. Mi dispiace per gli altri. Sono diventati nipoti anche loro, sono tutti nel mio cuore". Aiuto, diceva. "Sostegno morale, da subito. Nella camera ardente e poi a casa ho visto arrivare le più alte cariche della polizia. Colleghi che quasi neanche conoscevo. Hanno fatto quadrato attorno alla mia famiglia e a questo figlio. A marzo, dopo aver istituito il conto pupillare del minore, c’era già la pensione di mio fratello e un trattamento di fine servizio. Soprattutto Samuel è stato inserito in un programma di assistenza e protezione degli orfani della polizia". Lei, tutore legale. "Il tribunale di Ancona, competente perché mio fratello viveva ad Osimo, mi ha individuato subito dopo la tragedia. Sto scoprendo adesso cosa vuol dire davvero. Lo faccio con tutte le mie forze, con il senso dello Stato. Come se stessi tutelando un minore, non solo mio nipote". Un anno durissimo. "Ho vissuto... ovattato. Ho pensato alle cose da fare, per il bene di Samuel. Non sono ancora riuscito a piangere mio fratello davanti alla sua lapide, non ne ho avuto il tempo. È stato un anno di intenso, lungo, silenziosissimo lavoro". Lei, fratello maggiore, legatissimo a Dino. "Aveva sedici anni, giocava a calcio, lo vide l’Atalanta e lo voleva per le giovanili. Ma il destino gli giocò un brutto scherzo. Gli venne una peritonite, non diceva nulla per paura che i miei genitori non lo mandassero a fare gli allenamenti". Se ne accorse lei. "Ero a casa a preparare gli esami, l’ho preso in braccio e l’ho portato di corsa al pronto soccorso, per fortuna abitavamo vicino all’ospedale. I medici dissero ai miei genitori: il fratello gli ha salvato la vita". L’ha seguita anche nella polizia. "Se ne innamorò vedendomi e sentendone parlare in casa. Io sono entrato dopo gli attentati di Falcone e Borsellino. Ci siamo ritrovati vicinissimi. Io a Piacenza, alla stradale. Lui a fare il corso a Brescia. Una notte arrivò in stazione con la sua valigia e lo accompagnai a scuola". È sempre stato il suo angelo custode. "Sempre vicini. Mi chiamava, mi chiedeva consigli. Poi le strade si sono un po’ allungate. Io dopo tanti anni ho ottenuto il trasferimento. Lui ha tentato di riavvicinarsi, ha scelto le Marche. Sono dovuto tornare in Abruzzo, sono un ragazzo padre, Francesco è nato quando avevo 19 anni. È cresciuto con mio fratello. Gli ha fatto anche da papà, non solo da zio". Intercettazioni choc, allarmi inascoltati, eroismo inarrivabile dei soccorritori. C’è tutto il male e tutto il bene possibile, nella storia di Rigopiano. "A chi mi chiede come andrà a finire, se finirà... all’italiana, rispondo pensando al mio lavoro da poliziotto. Anni e anni di indagini. L’impegno e la passione dei miei colleghi mi hanno sempre spronato anche nei momenti di delusione e sconforto perché sembrava che i risultati non arrivassero. Mi dicevano, non mollare, andiamo avanti. E tante volte è successo così. Sembrava tutto finito, poi arrivavano le svolte e si riusciva a dare giustizia. Ho fiducia. Sono certo che c’è veramente tanta passione in questa indagine, in questa vicenda. Ci saranno sicuramente persone che trascureranno la famiglia, che non guarderanno l’orologio, che lasceranno tutto, pur di arrivare alla giustizia. Ci sarà una giustizia che spiegherà quel che è successo. Non sarà una caccia alle streghe, quella aumenta solo il dolore".