Martedì 23 Aprile 2024

Bertolaso: "Protezione civile, legge da cambiare: il modello di oggi ha fallito"

E sulla ricostruzione flop del 2016: "All'Aquila abbiamo consegnato le New Town in undici mesi per 16mila persone. E abbiamo ricostruito subito 56 scuole. Come italiano mi sento umiliato per come sono stati trattati i terremotati del centro Italia. Riabilitato dalla sentenza di assoluzione sul G8"

Guido Bertolaso è stato capo della Protezione civile dal 2001 al 2010

Guido Bertolaso è stato capo della Protezione civile dal 2001 al 2010

Roma, 6 marzo 2018 - Guido Bertolaso, 68 anni, romano, medico. Dal 2001 al 2010 capo della Protezione civile. Amico di Berlusconi ma come tecnico ha lavorato con governi di ogni colore. L’uomo dell’Aquila 2009, ha gestito tutta la fase dell’emergenza sisma. Oggi: dal terremoto politico a quello vero del 2016, che passa sotto silenzio ma per mezzo milione di italiani da 19 mesi resta il primo problema.  E ora che succede? Il commissario, nomina politica, scade a settembre (rinnovabile). C’è il rischio di stallo? «Bisogna vedere che cosa intenderà fare il nuovo governo quando ci sarà. Non credo che nascerà domani mattina. Per alcuni mesi si andrà avanti con la situazione attuale». Anche nei comuni devastati dal sisma del 2016 grillini e centrodestra sono stati dilaganti. C’erano una volta Marche e Umbria rossa. In Abruzzo, FI mantiene la leadership sulla Lega. Ironico: «Chissà perché, chissà perché... In Abruzzo la débacle del Pd si spiega sommando alle critiche sull’operato nazionale gli errori commessi dopo la gestione dell’emergenza. Perché dal 2010 il post terremoto è stato affidato alle autorità locali, sindaci e Regione». È la terra della strage di Rigopiano. «In quella tragica vicenda non mi pare ci sia stato qualcuno che ha brillato per capacità e competenza». Intanto sul sisma dopo un anno e mezzo abbondante siamo al 70% di casette consegnate, mentre il 70% di macerie è sempre lì. «Dicevano, non faremo come all’Aquila. Sono stati di parola, non ne erano capaci».  Per il 2016 hanno nominato subito un commissario alla ricostruzione. Metodo sbagliato, hanno protestato i sindaci. Non si capiva bene chi doveva fare cosa. Stessa osservazione di Zamberletti, che in Friuli fu nominato da Moro commissario, ma all’emergenza. «E decise insieme ai friulani di ricostruire prima le fabbriche e poi le case. Perché quella era una terra d’immigrazione, da lì si partiva per Canada, Stati Uniti, Argentina, Australia. Il terremoto rischiava di far morire completamente la regione. Per questo la scelta  fu vincente». In Abruzzo, invece. «Quando sono arrivato all’Aquila quella mattina mi sono reso conto che se non trovavamo un sistema per ancorare le persone alla città, se ne sarebbero andati via tutti. Abbiamo lavorato su due fronti precisi: abbiamo ricostruito 56 scuole e dopo 4 mesi nelle aule c’erano 16mila ragazzi». Allo stesso tempo servivano le case. «E gliele abbiamo date. Sapevo benissimo che per il centro storico dell’Aquila non sarebbero bastati dieci anni. E allora che cosa dovevamo fare, lasciare le famiglie per tutto quel tempo nei container com’è successo nell’Umbria e nelle Marche? Oppure metterle nelle casette  con i boiler sui tetti che d’inverno si congelano mentre d’estate ci fanno 50 gradi?». Avete scelto il progetto Case. Molto contestato per costi e balconi crollati. Riabilitato con l’ultimo terremoto, quando quei condomini hanno ospitato i nuovi sfollati e sono arrivati i conti delle Sae.  «In undici mesi abbiamo consegnato gli alloggi, ci vivevano 16mila persone. Altre 4mila sono state sistemate nelle casette di legno». Aquila metafora dell’Italia, ha detto. Metà ama e l'altra metà critica. «Siamo un paese bizzarro, che non sa e non vuole riconoscere la verità. Qualcuno si ricorda delle carriole? Dopo il terremoto dell’Aquila protestarono per quei quattro mattoni che non avevamo tolto perché era compito del sindaco. Oggi ad Amatrice su 800mila tonnellate ne hanno portate via 100mila». Si sente in gara per un eventuale ministero? «Nel modo più assoluto, non mi sono mai considerato in gara. Mi considero in partenza per l’Africa. Quando mi dicono, lei sta scendendo in pista, rispondo: sì, sto scendendo sulla pista dell’aeroporto». Impegno umanitario. Un modo per mettere a frutto le sue 4 lauree. «Dopo Medicina quella honoris causa in Ingegneria. Unico italiano». Due numeri del sisma marchigiano, dove si concentrano i danni maggiori del 2016: 0,07% di lavori finiti e finanziati (numeri dell’ufficio ricostruzione); 3% di progetti presentati sul totale atteso. Tutto immobile. Che spiegazione si dà? «C’è una parola magica, si chiama burocrazia. Si pensa sia un ente astratto, non rappresentato dagli uomini che lavorano e possono anche sbagliare. Invece... Purtroppo quando uno le cose non le sa fare, poi crea questi mostri». Esplicito. «Il terremoto di Amatrice e degli Appennini è stato affidato a gente incompetente, questa è la realtà dei fatti. Gente che non ha voluto guardare alle esperienze precedenti perché sembrava una bestemmia. Ha ricominciato da capo senza alcuna esperienza». Risultato? «Provvedimenti che si contraddicono a vicenda, i funzionari competenti non sono nelle condizioni di poter dare risposte. Un sindaco mi ha raccontato che doveva costruire due scuole: una con le procedure ordinarie, ed è quasi finita; l’altra, crollata con il terremoto, con le procedure d’emergenza. Deve ancora iniziare i lavori. Un paradosso». All’Aquila ora c'è chi ammette: superGuido decideva. E cascasse il mondo le cose si facevano. Il sistema della Protezione civile è da rivedere? «Assolutamente sì. Prima si diceva che il modello Bertolaso non andava bene. Poi c’è stato il terremoto del 2016...». E qualcuno ha suggerito: ridateci Bertolaso. «Ma se rimane la legge di oggi non c’è speranza». Cambiare come? «Bisogna rimettere le cose in sesto. Ci dev’essere una sola persona che si prenda la responsabilità nelle emergenze e abbia i poteri per agire, ovviamente coinvolgendo tutti. Ma senza mettersi a fare conferenze di servizio ogni volta che bisogna decidere se costruire una casetta o rimuovere le macerie». Si sente riabilitato dal sisma del 2016? «Tutt’altro, mi sento umiliato da cittadino italiano per come sono stati trattati i terremotati. Mi sento invece riabilitato dalla sentenza dell’8 febbraio». Appalti del G8 all’Aquila. Il fatto non sussiste, hanno sentenziato i giudici. «Erano tutte calunnie. Quando l’accusa chiede la prescrizione e la corte ti assolve perché il fatto non sussiste vale doppio. Vuol dire che le prove dell’innocenza sono assolute». Che rapporto ha oggi con l’Abruzzo e l’Aquila?  «Una volta in un paese sperduto dell’Africa ho incontrato una coppia di aquilani in viaggio di nozze. Mi hanno abbracciato. Al di là di quel che è stato scritto tante volte, c’è un grandissimo affetto. L’affetto di chi ha lavorato e vissuto lì per un anno intero. Giorno e notte, sole e neve».