Mercoledì 24 Aprile 2024

Da Amatrice a Limone: "Impariamo a rispettare la natura"

Enrico e Veronica, ristoratori arrivati in Piemonte dopo aver perso tutto nel terremoto. La paura, la forza e la solidarietà: "Siamo tornati indietro al 2016, anche se il disastro non è per fortuna paragonabile. Rimarremo qui a lavorare. Stasera amatriciana per tutti"

Enrico Neroni e la moglie Veronica Leone

Enrico Neroni e la moglie Veronica Leone

Limone Piemonte (Cuneo), 4 ottobre 2020 - Stasera i ristoratori cucineranno per tutti, primo piatto l'amatriciana, in piazza a Limone Piemonte. Un modo per dire: siamo più forti della devastazione. La gente di montagna ha una tempra rara. E qui si sono trovati perfettamente a casa Enrico Neroni e Veronica Leone. Marito e moglie, 43 anni. Sono scampati al terremoto di Amatrice che si è preso tutto, casa e ristorante. E sono scampati, stavolta senza danni, al disastro di Limone Piemonte, la perla delle Alpi marittime dove si sono trasferiti nel 2017. Anche quella volta hanno buttato in aria il cappello, come si dice. Hanno risposto a una scommessa:  un ristoratore si era offerto di dare  il suo agriturismo in comodato gratuito a chi arrivava dalle terre distrutte dal sisma. Enrico e Veronica hanno due gemelle e una forza semplice, come fosse scontata.  Ricorda lei: “Avevamo aperto il ristorante ad Amatrice nell'agosto del 2004". Perché quello era il mese della sagra e del pienone, le seconde case dei romani si riempivano. E il terremoto arrivò il 24, era un mercoledì, erano le 3.36. Colpì a tradimento, nel sonno. I morti in tutto il centro Italia furono 299, ad Amatrice 239.  “Abbiamo perso tutto ma ci siamo salvati", dice grata Veronica. Che alla domanda se si senta più perseguitata dalla sorte o miracolata non ha dubbi, e sceglie l'ottimismo. Però aggiunge: "Per fortuna la casa aveva il tetto in legno e non di cemento armato”. I miracoli vanno aiutati.

La casa di Enrico e Veronica distrutta dal terremoto
La casa di Enrico e Veronica distrutta dal terremoto

 

Enrico è appena rientrato, è stato in giro per il paese a dare una mano, come tutti. Ha ricominciato a piovere. E chi vive qui sente ancora il rumore minaccioso dell'acqua, che ha travolto tutto e seppellito le strade. Terrore. Come nei giorni del sisma. Mentre lo dice Enrico avverte una nota stonata e sente il bisogno di precisare: "Certo, non si possono fare confronti con la devastazione del terremoto, con tutti quei morti...". Eppure "ieri mattina andare in giro per  Limone, vedere il dispiegamento dei soccorsi, i vigili del fuoco... Questo mi ha fatto tornare indietro di 4 anni”. E lui, si sente perseguitato dalla sfortuna? Accenna un sorriso, al telefono:  “Mah... La cosa è quasi ironica, sembra che ce le tiriamo dietro. Ormai mi sono convinto che ancora non abbiamo imparato nulla su come ci dovremmo comportare”. Vale per i tetti di cemento armato su case fragili, vale per i fiumi... “Purtroppo l’uomo ha bisogno di sbatterci la faccia per rendersi conto degli errori che fa con la natura", riflette. Ma in queste ore  ha avuto la tentazione di dire, me ne vado? Diretto: “No, assolutamente no. La proporzione di quel che è successo qui è completamente diversa rispetto a quello che ci siamo lasciati alle spalle". Qui dove, come dopo ogni disastro, le persone riscoprono la solidarietà. “Oggi a pranzo siamo stati in piazza con gli altri ristoratori di Limone - racconta Enrico -. Un piatto di pasta per tutti. Stasera si replica. Ora siamo all’aperto, domani la Croce rossa dovrebbe installare una mensa”. Si dimentica alla svelta, la solidarietà? “La dimentica il sistema - corregge -. Ma gli italiani no, sono sempre stati generosi. Lo hanno dimostrato sempre. Anche i ragazzi con le pale che arrivano per togliere via  il fango. Questa è una certezza”. Ma un giorno tornerete ad Amatrice? Enrico risponde pronto, come se quella domanda se la fosse rivolta  tante volte: “In prospettiva immaginiamo di farlo  nella vecchiaia. In questo momento le priorità sono il lavoro e i figli. Tutto quello che ci è accaduto ci ha insegnato a vivere le cose un po’ giorno per giorno. Senza fare grandi programmi per il futuro".