"Nel Golf si gioca tutti insieme"

Spiega Alessandra Donati, 51enne faentina: "Sul green paralimpici e normodotati si sfidano nella stessa gara. E' un'emozione unica e nello stesso tempo anche il miglior spot per l'integrazione"

Alessandra Donati

Alessandra Donati

«LA COSA più bella del golf è che quando stai sul green il disabile gioca insieme al normodotato. E’ una emozione unica, mi creda. Lo spot migliore a favore dell’integrazione». La storia di Alessandra Donati, bancaria cinquantunenne originaria di Faenza, è insieme struggente e suggestiva. Afflitta da una neuropatia degenerativa che porta all’indebolimento progressivo degli arti, non si è rassegnata. E oggi è la più forte golfista italiana, nel contesto paralimpico. «Mi lasci confessare che mi sento una privilegiata – sussurra Alessandra –. Tante persone con la mia malattia, che è rara e non curabile, sono sulla sedia a rotelle. Io invece ce la faccio ancora a muovermi in autonomia».

Tra una buca e l’altra... «Eh, la fatica è tanta, non riesco proprio a camminare per l’intero percorso, come dice lei tra una buca e l’altra sempre mi debbo spostare con un cart, il mezzo elettrico. Ma non mi piango addosso, glielo assicuro».

Come è arrivata al green? «Forse è merito di una carabina».

Temo di non aver capito. «Sa, quando mi sono avvicinata allo sport ero attratta dal tiro a segno. Mi piaceva mirare al bersaglio, magari non ero bravissima, però c’era una controindicazione».

Quale? «Chi ha la mia malattia deve cercare di muove almeno un poco, per contrastare la degenerazione del sistema nervoso periferico. E con la carabina si spara ovviamente da fermi! E’ stata una bella esperienza, ammiro moltissimo Campriani e la Zublasing, però dovevo cercare un’altra disciplina».

Il golf. «Era il 2013. Una sera una amica che praticava lo sport delle diciotto buche mi ha incoraggiata. Mi ha detto: ma perché non provi con il golf? C’era a stimolarmi anche questa cosa che le ho raccontato all’inizio, vai a giocare e non c’è separazione tra il normodotato e il disabile».

Per gli allenamenti come fa? «A Faenza c’è il circolo che si chiama Le Cicogne. Inoltre la federazione ci garantisce uno splendido supporto. Il direttore tecnico per noi disabili, Nicola Maestroni, è un grande maestro».

Handicap? «Sto a ventotto ma voglio migliorare, ci mancherebbe».

Soddisfazione più grande? «Ho partecipato a tre edizioni degli Open d’Italia e l’ultima volta a Roma ho vinto il premio per la graduatoria riservata alle donne disabili. E’ stata una gioia. Sono andata anche a gareggiare all’estero, al torneo internazionale in Scozia… ».

Risultato? «Non sono rimasta contenta, mi sono piazzata quindicesima. Ho detto a tutti che l’erba scozzese non era perfetta, però potevo andare meglio. Comunque nel ranking mondiale delle golfiste disabili attualmente occupo la cinquantaquattresima posizione su centonovanta classificate».

Lo sa che a Rio il golf è entrato a far parte del programma delle discipline olimpiche? «Sì. E lei lo sa che da Parigi 2024 c’è la possibilità che anche la Paralimpiade assegni le sue medaglie sulle diciotto buche?».

Credo di aver capito quale sia il prossimo sogno, cara Alessandra. «Eh, per quella data sarò una vecchietta però mai dire mai, nella vita. Intanto sarebbe bello se aumentasse il numero dei disabili che scelgono il golf come rifiuto della rassegnazione. Giocare tutti insieme senza separazione, ma si rende conto?... ».