Mercoledì 24 Aprile 2024

Tele “divine“ dai mille tormenti

Dalla Deposizione Borghese alla Madonna Sistina e all’Esterhàzy messe a rischio nei secoli da furti e bombe

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Così perfette e immutabili, come solo le opere di un “divino pittore“ – così Raffaello è stato definito per secoli – possono essere. Le opere dell’urbinate, però, spesso nascondono storie molto più tormentate e avventurose della serenità che comunicano. Le tele di Raffaello, in quanto a vicissitudini, non si sono fatte mancare proprio niente. Nel giugno 1958 il pittore milanese Nunzio Guglielmi infrange con punteruolo e martello il vetro di protezione dello Sposalizio della Vergine nella Pinacoteca di Brera e pugnala l’opera in due punti.

Ma facciamo un passo indietro nel tempo. La Deposizione Borghese è una pala d’altare e, stando alle notizie riportate da Vasari, venne commissionata da Atalanta Baglioni, appartenente alla celebre famiglia perugina. Realizzata nel 1507, viene posata nella cappella della famiglia nella chiesa di San Francesco al Prato di Perugia. Nel 1608 l’opera viene portata via su richiesta diretta di papa Paolo V perché il pontefice voleva regalarla al nipote, il cardinale Scipione Borghese.

Anche la Madonna Sistina, conservata nella Gemäldegalerie di Dresda, nasconde una storia tormentata. L’opera venne realizzata tra il 1512 e il 1514 per il convento di San Sisto a Piacenza. E lì rimase fino al 1754, quando fu comprata, per la cifra record di 25mila scudi, da Augusto III di Polonia che la portò a Dresda. Durante la Seconda Guerra mondiale, quando iniziarono i bombardamenti della città, i nazisti nascosero alcune opere in caverne fuori dal centro. I russi, però, sapevano dell’opera e l’ufficiale dell’esercito sovietico Leonid Volynskij, pseudonimo del pittore Leonid Rabinovich, si prese l’impegno di trovarla e portarla a Mosca. Qui viene restaurata per rimediare ai danneggiamenti e conservata in gran segreto per 10 anni. Nel 1955, per celebrare il patto di Varsavia, Mosca decide di rivelare il possesso del dipinto e di restituirlo a Dresda.

Nel racconto delle vicissitudini sopportate dalle opere di Raffaello non può mancare quello che viene considerato uno dei più clamorosi furti del XX secolo. La Madonna Esterházy rubata nel 1983 dal Museo di Budapest. Una banda di italiani approfitta di un periodo di restauri e delle falle nella protezione dell’opera e porta via 6 opere italiane, tra le quali c’è il dipinto di Raffaello. L’indagine dall’Ungheria passa per l’Italia e sbarca in Grecia: gli investigatori trovano la delicata tavoletta dietro un cespuglio nel giardino del monastero di Panagia Trypiti, a Corinto, insieme alle altre sei opere trafugate. Sull’opera di Raffaello resta una fenditura.

Cosimo Firenzani