LOREDANA DEL NINNO
QN X le Donne

Per Giulia e le altre, “ecco come funziona un centro antiviolenza: dalla casa segreta all’aiuto legale”

Maria Chiara Risoldi, psicoterapeuta e past president della Casa delle donne di Bologna: “Vi spiego quali sono i segnali che possono precedere l’esplosione della furia”

Bologna, 20 novembre 2023 – "Frasi dettate dalla possessività, come "Non metterti quel rossetto", "Stai zitta", "Sei mia". Comportamenti ispirati dall'insicurezza o dalla sbruffoneria. Tutti segnali che potrebbero precedere l'esplosione della violenza all'interno di una coppia, arrivando a mettere a rischio la vita stessa della partner". Maria Chiara Risoldi - psicoterapeuta e past president della Casa delle donne di Bologna, primo centro antiviolenza in Italia - racconta: "Dal 1990 al 2022 abbiamo aiutato oltre 15mila vittime a sfuggire a situazioni familiari segnate da abusi e prevaricazioni. Il modello bolognese ha ispirato la creazione di altri Centri, diffusi oggi in tutto il Paese, che devono restare il primo riferimento per chi subisce situazioni del genere. Nelle varie strutture opera personale adeguatamente formato per dare pronta assistenza alle donne abusate".

Violenza sulle donne: ecco i 5 segnali a cui fare attenzione
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Dottoressa, come funziona un centro antiviolenza?

"Accogliamo le vittime e le sosteniamo, mettendo a disposizione nelle situazioni più critiche, case a indirizzo segreto dove le ospitiamo, anche con i loro bambini. L'introduzione del Codice rosso e l'imposizione del braccialetto elettronico sicuramente scoraggiano il partner violento ad avvicinare la compagna, ma ci sono ancora casi in cui ciò non accade, con conseguenze spesso tragiche. Le 'case segrete' offrono un rifugio sicuro. Le donne ricevono supporto legale e psicologico, fondamentali nelle prime fasi del distacco, e un aiuto a trovare un lavoro per garantirsi l'indipendenza economica. All’argomento ho dedicato un libro, intitolato “… di lotta e di cura… , ispirato proprio all’esperienza della Casa delle donne di Bologna”.

La vostra attività coinvolge anche gli uomini?

“In Emilia sono nati di recente Centri dedicati al recupero dei partner maltrattanti, con cui (non sempre) collaboriamo. L'accesso può avvenire anche su base volontaria, ma principalmente sono i giudici a imporre un percorso di rieducazione, che purtroppo spesso viene seguito dagli imputati unicamente per ottenere uno sconto di pena. Bisognerebbe investire molto di più su questo versante”.

Si può evitare di cadere in una relazione tossica?

“In astratto, ci sarebbero alcuni elementi da valutare nella scelta di un partner, ma le dinamiche affettive sono complesse e purtroppo quando ci si innamora gli occhi si foderano di prosciutto. Sarebbe meglio evitare uomini cresciuti in una famiglia violenta, morbosamente gelosi, che manifestano comportamenti insicuri, tratti ossessivi o tendenti alla spacconeria. Sfortunatamente molte donne si accollano l'onere della redenzione, cadendo nella cosiddetta sindrome della crocerossina, quella che porta a pensare "Io lo salverò". Va detto però che non tutti gli uomini che hanno alle spalle una storia familiare fatta di soprusi diventano violenti, mentre è sempre vero il contrario. Tutti gli uomini maltrattanti hanno dietro rapporti fra genitori contraddistinti da abusi”.

Quasi una donna uccisa ogni tre giorni. Perché questa escalation?

“Bisogna fare attenzione alla valutazione delle statistiche. Femminicidio è un termine recente, fino a quattro o cinque anni fa l'assassinio di una donna non veniva distinto dai mass media, ma incluso nel totale negli omicidi. Un dato significativo è l'abbassamento dell'età delle coppie coinvolte, stimata attualmente intorno ai 30-35 anni. Credo che l'isolamento da Covid abbia fatto impennare il numero delle depressioni giovanili. Inoltre alle persone più fragili, predisposte cioè a sviluppare disturbi psichiatrici, non giova l'allarmismo in cui siamo immersi: pandemia, clima, guerre. E di conseguenza le situazioni border line deflagrano”.

C'è altro?

“La matrice dei femminicidi è culturale, perché deriva da secoli di strutture sociali basate sul patriarcato. Basti pensare che in Italia la legge sulla violenza è nata nel '96, prima si parlava di "reato contro la morale". Non dimentichiamo poi che in certi Paesi, come l'Afghanistan e l'Iran, uccidere una donna è considerato ancora oggi normale. E che nella Cina pre maoista quando un marito si stancava della moglie aveva tutto il diritto di buttarla letteralmente in mezzo alla strada. Le donne, prive dello status di figlia e di moglie, si ritrovavano in condizioni devastanti”.

Lei ha seguito e aiutato molte donne a uscire dalla violenza. C'è una rinascita che ricorda più di altre?

“Non direi. Il lieto fine di queste storie si traduce nella conquista di un'indipendenza economica che consente alle vittime di andare incontro a una vita possibilmente migliore. Con tante schegge dentro”.

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