Olimpiadi 2016, il miracolo dell'Italia (malgrado il Pil)

Il bilancio della spedizione azzurra: 28 medaglie come a Londra. Tiro, nuoto e scherma le miniere d'oro - dall'inviato LEO TURRINI

Gregorio Paltrinieri e Gabriele Detti, oro e bronzo nei 1500 stile (Olycom)

Gregorio Paltrinieri e Gabriele Detti, oro e bronzo nei 1500 stile (Olycom)

Rio de Janeiro, 21 agosto 2016 - Sipario sulle Olimpiadi di Rio 2016, amici miei. Nemmeno stavolta è arrivato per l'Italia l’oro più atteso: il tabù sotto rete resiste, un paio di decisioni (della moviola in campo, incredibile!), hanno aiutato il Brasile del volley contro gli azzurri ma non sarò patetico, il risultato è ineccepibile, onore ai verde oro del ct Bernadinho e del regista Bruno, padre e figlio, due vecchie conoscenze di Modena, la capitale della nostra pallavolo.

Il medagliere dell'Italia a Rio 2016

Sipario. Ci sarà tempo per una riflessione più accurata, ma da subito ci sta di dire quanto segue.

Primo. L’Italia porta a casa 28 medaglie. Come a Londra, se non ricordo male. Sono tante. Tantissime, se abbiamo consapevolezza della situazione reale nel nostro paese. C’è uno studio secondo il quale le presenze sul podio sono collegate all’andamento del Pil. Infatti gli americani, che sotto la presidenza Obama sono al settimo anno consecutivo di crescita economica, hanno spopolato. L’Italia della recessione e della stagnazione ha mantenuto le posizioni. E’ un mezzo miracolo, secondo me.

Secondo. Tiene botta, in stile piccole e medie imprese, la nazione delle eccellenze non grandi per dimensione. La miniera del tiro. La miniera della scherma. Si sviluppano centri di qualità: Greg Paltrinieri e Gabriele Detti, i nostri Delfini, sono allievi della scuola di nuoto di Ostia. C’è una resilienza del movimento sportivo che aiuta a guardare al futuro con un cauto ottimismo.

Terzo. Abbiamo, in patria, autentici Campionissimi. Paltrinieri l’ho citato, vorrei evocare la doppietta splendida di Campriani con un’arma in mano e il capolavoro di Elia Viviani al velodromo. Ma tutte le medaglie sono belle, non esiste una graduatoria di merito, dietro ogni impresa, fosse anche di bronzo, ci sono sacrifici, fatiche, pianificazioni.

Quarto. Lasciamo stare la politica. A Roma il sindaco Raggi prenderà la decisione che meglio crede. Ma di sicuro per lo sport azzurro ospitare una Olimpiade sarebbe un volano eccezionale. Sarebbe anche l’occasione di dimostrare che, a casa nostra, si riesce ad allestire un grande evento spargendone il beneficio su chi lo merita veramente, intendo gli atleti e chi li aiuta. Poi, se si sceglie di arrendersi alla prospettiva del malaffare in servizio permanente effettivo, io non ho nulla da aggiungere.

Quinto. I brasiliani hanno fatto il possibile per essere, organizzativamente, all’altezza della sfida. Ce l’hanno fatta, pasticciando un po’ qua e là. D’altronde il Brasile è squassato da una crisi economica e morale violentissima, nonché da contraddizioni secolari. E’ ingiusto attribuire alla Olimpiade la responsabilità di tali disagi. Così come non è mai stato vero che siano stati i Giochi del 2004, ospitati ad Atene, a mettere in ginocchio la Grecia. Queste sono leggende metropolitane, che una informazione sana dovrebbe smontare. Poi, si capisce, una nazione, qualunque nazione, deve saper valutare le sue priorità. Se i Giochi tali non sono, non si va a reclamarne l’assegnazione.

Sesto e ultimo punto. Sempre, sempre, sempre una Olimpiade è lo specchio del pianeta. Ci sta il bello e ci sta il brutto. Ci sta l’eroismo e ci sta lo scempio della corruzione. Ci sono i campioni come Bolt, Phelps e Paltrinieri e i cialtroni come Lochte.

Così è la vita. Rio 2016 non pretendeva di cambiarla. E infatti non l’ha cambiata.