Giovedì 25 Aprile 2024

NAPOLI NEW DEAL

Tra scommesse e addii squadra tutta nuova

di Paolo Franci

Luciano Spalletti ne sa. Troppo esperto e navigato per non rammentare quanto la caccia all’allenatore sia sempre e comunque lo sport nazionale per eccellenza. Alla fine, quando a parlare è la vera cassazione del pallone, il campo, lì tutto sparisce. Dalla tirata di cinghia dei presidenti fino agli acquisti che più sbagliati non si può. Sia chiaro: Spalletti ne sa e conosce perfettamente il meccanismo perverso. E le sue esternazioni sul mercato del Napoli non sono state un buttare le mani avanti - anche se poi sarebbe anche lecito eh - piuttosto un chiarire che bacchette magiche nel pallone non esistono e che certi ridimensionamenti non possono non avere conseguenze.

Ha detto Big Luciano qualche giorno addietro: "Abbiamo deciso di abbassare il tetto stipendi, per cui puntiamo a quelli che rientrano in questo tetto". Luciano l’ha messa al plurale, allinendosi al club e al drastico ridimensionamento di una squadra che solo lo scorso anno lottava per il titolo. Questo non vuol dire però, che sia contento o condivida la linea di austerity. O perlomeno, l’importante è essere chiari. E infatti: "Ci sono giovani promesse importanti che possono rientrare in questo tetto, poi però, è chiaro come così si rinunci a quella parte del mercato, i giocatori ’pronto subito’" che se portati a casa dagli altri senza dover far crescere i giovani, aumentano le distanze nella lotta per gli obiettivi principali. Un esempio calzante è la Roma che, da Matic, Wijnaldum e Dybala in giù ha preso tanto ’pronto subito’ per puntare a quella piazza Champions che oggi è proprio del Napoli. E allora il messaggio a De Laurentiis, ma anche alla piazza, è abbastanza chiaro. Ok crescere i giovani, ok costruire il Napoli del futuro, ma così sia chiaro che si rischia di uscire dal pallone che conta. D’altra parte, nel gioco delle figurine del mercato il Napoli pare un bel po’ indietro a Milan, Inter, Juve, Roma e anche la Lazio che ha costruito una squadra ’alla Sarri’. A proposito, neanche l’addio a Higuain sei anni fa o quello all’attuale tecnico della Lazio è paragonabile al vero e proprio smantellamento di quest’anno. Sono andati via pezzi da novanta, di quelli veri. Via Insigne, Ghoulam, Ospina, Mertens, Koulibaly, Malcuit, Meret. Tutto in nome del dio danaro è evidente. Non solo per qualche cessione che ha fruttato soldi nelle casse di Adl, ma soprattutto nel taglio di ingaggi onerosi o rifiuto di rinnovi pesanti, come accaduto con Lorenzo Insigne simbolo indiscusso del Napoli dell’ultimo decennio. Per intenderci, si narra di come una squadra sia costruita sulla spina dorsale composta da portiere, centrale leader, regista e attaccante. Ok, Osimhen è rimasto e anche Fabian Ruiz, ma senza Ospina e soprattutto Koulibaly sarà dura. Per non parlare di Insigne e Mertens, senza i quali la quota gol precipita considerevolmente.

Sono arrivati Khvaratskhelia, Olivera, Ostigard, Kim Min-jae, E sono cavalli di di ritorno Gaetano e Zerbin. Per carità tutti giocatori di talento e prospettiva o di rendimento, come Kim che potrebbe essere una delle grandi sorprese della stagione, centrale fortissimo, però è chiaro come le distanze dalle ’big five’ si siano allungate. Inevitabile. Però Spalletti che ne sa, non ignora il fatto che il pallone mai è stato e mai sarà una scienza esatta. E la squadra che è stata costruita è quanto di più verticale ci sia nel nostro campionato, riportando il tecnico ai fasti della sua carriera tra Udinese e Roma. Con Khvaratskhelia là davanti, una delle sorprese più belle della fase precampionato, affiancato da Lozano sulle corsie esterne e con Osimhen padre-padrone dell’offensiva verticale, Il Napoli può diventare un dardo di balestra dal punto di vista offensivo, sfruttando come nessuno le ripartenze. Certo, bisognerà azzeccare da subito una partenza se non sprint, almeno convincente perchè la piazza è in subbuglio, ferita da un numero incredibile di dolorosi addii. Come non se ne erano mai visti nei 19 anni di gestione De Laurentiis. Proprio Khvaratskhelia - meglio noto come Kvara per il nome impronunciabile - può far saltare il banco. Per molti addetti ai lavori è uno dei giocaori più forti arrivati da noi. E s’è già inserito alla grande nel gruppo azzurro. Lui come Kim. Certo, entrambi hanno un compito difficilissimo, se non infame, far dimenticare chi ha fatto la storia del Napoli. Lorenzo Insigne innanzitutto, cuore e capitano di una squadra che da Sarri a Spalletti ha saputo incantare. Eppoi Dries Mertens. Non ha caso stiamo parlando dei due goleador più prolifici della storia del club: 148 reti Mertens, primo assoluto e seguito proprio da Lorenzinho con 122 reti. Eppoi, anche inutile soffermarsi su quanto fosse decisivo, là dietro, Koulibaly.