Giovedì 25 Aprile 2024

“Era un genio imperfetto ma dimostrò che Dio esiste”

Sgarbi lo porta a teatro in mezza Italia per rivelarne il carisma, smaschera i suoi limiti e svela i segreti della sua immortalità

Vittorio Sgarbi in un passaggio dello spettacolo “Leonardo”

Vittorio Sgarbi in un passaggio dello spettacolo “Leonardo”

Un genio sì, ma «imperfetto» e anche un po’ «fannullone», a dirla tutta. «Ma che arriva a competere con Dio e ci dà la dimostrazione che Dio esiste». Voilà il Leonardo di Vittorio Sgarbi, ingaggiato dal produttore Marcello Corvino, che dopo il successo di “Caravaggio” e di “Michelangelo” ritenta l’esperimento del Rinascimento a teatro con il «fuoriclasse della cultura e della storia dell’arte», lo annuncia così. «Rendere divertente Leonardo, un artista che mi sta antipatico, è un’impresa difficile, quanto stare sei giorni fermo con lui nello stesso posto, al Teatro Manzoni di Milano. Una tortura duplice», premette Sgarbi, l’irriverente. Che sul palco fa parlare la pittura leonardiana, come fa trapelare dalla locandina in cui il suo sguardo si fonde con la Monna Lisa e par seguire il pubblico con gli occhi. Si parte dall’imperfezione: «Leonardo non è pittore, né scultore, né architetto. Ha studiato il mondo e lo ha reso in modo sommariamente imperfetto - spiega il critico dell’arte -. Si pensi al “Cenacolo”. Sfida il muro, pitturando a secco e non con la tradizionale tecnica a fresco, adatta alla pittura murale, con la conseguenza che il settanta per cento dell’opera non si vede. Non è riuscito a fare il suo cavallo, lo ha progettato dal 1482 al 1493 e lo hanno regalato a Milano cinquecento anni dopo, ora sta all’ippodromo. Ma l’invenzione è sua, si poteva fare». Ed è innegabile: «Da Leonardo si è sempre illuminati». «Non ha fatto e concluso niente, è un “fannullone” assoluto, ma nella pittura è vicino a Dio - sentenzia il critico-attore, svelando il suo Leonardo - è riuscito a dimostrare che Dio esiste. Nello spettacolo mi occupo di questo: di raccontare la sua abilità pittorica come un avvicinamento a Dio, non per una ragione teologica e mistica, ma perché Leonardo ci dà la più grande testimonianza dell’immortalità». Sfida e arriva a gareggiare con Dio, Leonardo. «Non solo. Crea altri personaggi, più resistenti - sottolinea Vittorio Sgarbi –. La Gioconda ha superato il limite del tempo, mentre della donna ritratta son rimaste le ossa. Leonardo ha scavalcato la sua epoca e ha dimostrato che Dio esiste dentro di noi, nella pittura: c’è qualcosa che resta per sempre». La stessa Gioconda esiste: è un pensiero, un concetto, una provocazione: «Nessuno di noi ha visto l’opera per la prima volta dal vivo, ma tramite fotografie, immagini, perché è un’opera mentale». Così, da Roma a Milano, accompagnato dalle musiche eseguite dal vivo da Valentino Corvino (violino, viola, oud, elettronica), dai led wall e dalla scenografia video di Tommaso Arosio (le trame e l’allestimento sono curate e firmate da “Doppiosenso”, progetto che miscela suono e immagini, tecnologie e immaginari, performance e installazioni), Sgarbi sale sul palco e porta in viaggio gli spettatori, alla scoperta e riscoperta del mondo leonardiano. «Il teatro è il luogo in cui le parole si fanno immagini - ricorda - in questo caso si dà parola alle immagini: è un effetto boomerang». La terza impresa del Rinascimento è servita, all’orizzonte c’è già Raffaello: «E non sappiamo ancora dove arriveremo», annuncia - e minaccia - Vittorio Sgarbi.