Martedì 16 Aprile 2024

Quando il genio si ritrova sul lettino dello psichiatra

Eduardo Ferri: “aveva una curiosità compulsiva e a tratti infantile ma ha dovuto anche fare i conti con una componente malinconica”

Il volto scultoreo di Leonardo così come appare all’interno della sua casa natale

Il volto scultoreo di Leonardo così come appare all’interno della sua casa natale

Leonardo da Vinci sul lettino dello psichiatra. L’uomo, la particolare personalità, l’unicità della sua mente, la particolarità del suo rapporto con l’ambiente e la società che lo circondavano, suscitano curiosità sul piano psicanalitico. Lo ha incontrato per noi un noto psichiatra contemporaneo ed appassionato di storia, il dottor Eduardo Ferri, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della ASL Roma 6. Dottor Ferri, ovviamente è un gioco: quando ha incontrato Leonardo per la prima volta? “Ci siamo visti, più di una volta, nei primi mesi del 1501, quando il Maestro venne a Roma e visitò Tivoli, dove lavoravo. Leonardo mi era stato inviato da un comune amico. In quegli anni, aveva girovagato, senza una meta precisa (prima di far ritorno a Firenze), a Mantova, ospite di Isabella d’Este (1499), e poi a Venezia (1500). Era francamente depresso e presentava una profonda sofferenza connotata da estrema tristezza e un’incapacità a vivere in modo appropriato il presente con forti incertezze per il futuro. Era stato costretto forzatamente a lasciare Milano dove era stato insignito di gloria e onori alla corte di Ludovico il Moro. Questo evento, vissuto come un fallimento, aveva aperto una dolorosa ferita nel suo “narcisismo”, poco abituato alle critiche, rispetto alle tante gratificazioni del passato”. Come depresso, ma Leonardo non era considerato un allegro “bon vivant della sua epoca”? “È vero, Leonardo sembrava essere stato, prima che lo incontrassi, una persona eccentrica, diversa rispetto all’uomo tipico del suo tempo. Amava giocare e curiosare su tutto, lasciando che il bambino cresciuto nella campagna di Anchiano, presso Vinci, si esprimesse nella sua illimitata voglia di vivere. Il “genio” non può essere normale e per ambire all’eternità deve costantemente alterare la realtà che lo circonda per riuscire a vedere cose che “noi umani non possiamo immaginare…”. Come psichiatra, quali aspetti della sua complessa personalità l’hanno colpita? “Diversi aspetti. Ad esempio, il fatto che fosse mancino e che fosse abituato a scrivere da destra verso sinistra e non viceversa. Nei mancini, in cui domina la corteccia cerebrale destra, - secondo studi recenti – c’è una maggiore disposizione alla musica e al riconoscimento di complessi schemi visivi, ma soprattutto c’è una maggiore capacità espressiva, propria di un genio. Ma Leonardo è anche un uomo di bell’aspetto, imponente e gentile. Alla bellezza si associa la sua curiosità estrema, incalzante. Una vera e propria fame di comprensione che non lo ha mai abbandonato, alla quale – come mi ha raccontato – ha sempre provato a dare forma. Ed io l’ho immaginato, mentre parlava lisciandosi la lunga barba, recarsi in sale mal illuminate a studiare e a rappresentare linee di muscoli, percorsi di vasi sanguigni alla ricerca di segreti e significati, con metodo e rigore su corpi esanimi, tra brutti odori e umori che, nell’essere assorto, diventano inesistenti. Senza mai sbilanciarsi sul piano psicopatologico, Sigmund Freud, che a Leonardo da Vinci dedicherà un breve saggio, ritiene che il grande Maestro abbia sempre conservato uno spirito dai tratti infantili, una sorta di “puer aeternus” per dirla con Jung”. Leonardo in tutta la sua vita ha continuato ad inseguire la bellezza. Tutto questo, dal punto di vista mentale, lo ha portato a sottolineare il suo atteggiamento melanconico? ”Malgrado tutti i suoi sforzi, a mio parere, Leonardo non è mai riuscito a possedere fino in fondo il segreto della bellezza. E questo potrebbe aver determinato in lui quella vena malinconica che è emersa nel nostro primo incontro, La “melancolia”, già conosciuta nel Medioevo, si contraddistingue per un forte abbassamento dell’umore e definisce anche un tratto del carattere che fa emergere una profonda tristezza. Lo stesso vale per la tensione alla perfezione del noto Uomo Vitruviano in cui Leonardo cerca la perfezione delle proporzioni del corpo umano che è misura di tutte le cose. In chiave psicanalitica, possiamo immaginare come l’infanzia di Leonardo, figlio illegittimo precocemente orfano di madre, lo abbia portato a cercare un canone di perfezione che non doveva sentire dentro di sé.” Problema di non poco conto la paralisi che lo colpì a 65 anni quando risiedeva ad Amboise, in Francia e che lo faceva dipingere a fatica, come testimoniano il cardinale Luigi d’Aragona e il suo segretario Antonio De Beatis, che gli fecero visita il 10 ottobre del 1517, il quale scrisse nel diario di viaggio che Leonardo soffriva di una “certa paralesi ne la dextra”.