Martedì 23 Aprile 2024

E la famosa “vite aerea” si mise davvero a volare

Progetto ultimato grazie ai docenti e agli studenti di Firenze e Orlèans, telecomandata e alta 7 metri, verrà presentata in Toscana in autunno

Gli studenti dell’Università di Firenze che hanno lavorato alla “Vite aerea”

Gli studenti dell’Università di Firenze che hanno lavorato alla “Vite aerea”

«Trovo, se questo strumento a vite sarà ben fatto, cioè fatto di tela lina, stopata i suoi pori con amido, e svoltata con prestezza, che detta vite si fa la femmina nell’aria e monterà in alto». Leonardo aveva ragione, quando scriveva questi appunti: se costruito bene, quel marchingegno avrebbe volato davvero. Ce n’è voluto del tempo, ma alla fine il sogno si è realizzato, perché gli ingegneri di oggi sono riusciti sul serio a far sollevare da terra e a far fluttuare nell’aria una di quelle macchine inventate dal genio di Vinci. Si tratta della cosiddetta “Vite aerea”, che Leonardo aveva studiato e ipotizzato probabilmente già durante il suo primo soggiorno milanese. Questo strumento capace di “volare” è descritto nel foglio conosciuto come 83v del Manoscritto B. Ed è da questo schizzo, buttato giù dalla stessa mano di Leonardo, che il dottor Lorenzo Pinelli dell’Università di Firenze è partito per completare quel lavoro iniziato cinque secoli fa dal grande inventore e alla cui progettazione hanno collaborato gli studenti fiorentini Virginia Altamore, Nicola Andreini, Niccolò Castelli, Flavio Fedi, Riccardo Rao, Federico Alfatti, Leonardo Galasso, Ossman Hicham, Tommaso Bracco e Alessandro Innocenti. “L’anno scorso abbiamo ricevuto la richiesta di collaborazione dalla Scuola di Ingegneria di Orléans relativamente a studi sulle macchine di Leonardo da Vinci, di cui quest’anno ricorrono i cinquecento anni dalla morte - racconta Lorenzo Pinelli, ricercatore e coordinatore del progetto del dipartimento di ingegneria industriale dell’ateneo fiorentino - Abbiamo accolto volentieri la proposta della scuola francese di svolgere insieme un’attività che evocasse il grande interesse di Leonardo per la meccanica del volo. Così, qui a Firenze i dieci studenti che si sono resi disponibili per l’iniziativa si sono occupati della progettazione della macchina con la sua vela, mentre la realizzazione pratica della macchina volante è stata affidata a Orléans e alla guida del professor Anchisi. Il prototipo ha dimensioni reali, in scala uno a uno, e può elevarsi per mezzo di un pistone idraulico, così da simulare il volo”. In pratica questa macchina volante è considerata l’antenata dell’elicottero. Nello studio e negli schizzi, Leonardo arriva a ipotizzare e formulare in anticipo di secoli l’efficacia trattiva dell’elica, concependo una struttura molto simile, ispirandosi alle forme della natura e dando corpo alle sue osservazioni sulle caratteristiche dell’aria. Nelle intenzioni dell’artista-scienziato, lo strumento avrebbe dovuto infatti “avvitarsi”, sfruttando la densità dell’aria, in maniera simile a quanto fa una vite che penetra nel legno. Ipotesi che presuppone l’idea che l’aria abbia un certo spessore materiale. Tecnicamente si parla di un apparecchio con propulsione umana e ala rotante, progettata per avvolgersi nell’aria. Leonardo è stato molto presto attratto dagli uccelli, soprattutto il loro volo. Intorno all’anno 1505 scrive il Codex sul “Volo degli uccelli“, documento redatto in italiano mescolato di lingua lombarda, in scrittura a specchio, nel quale disegna principi di macchine volanti che però pare non abbia mai realizzato. Il modello della vite, frutto di questa collaborazione tra studenti del Dipartimento di Ingegneria Industriale (Dief) e dell’École d’Ingénieurs dell’Università di Orléans, è ora esposto a Orléans e poi, nell’autunno prossimo a Firenze. La macchina era immaginata come una vite senza fine. Nelle note che accompagnano il disegno, si specificano le misure della base: otto braccia fiorentine, circa cinque metri. E i materiali: legno, corda e tela di lino inamidata. Doveva essere azionata dalla forza muscolare di quattro uomini che, per far ruotare l’albero, poggiavano i piedi sulla piattaforma centrale e, con le mani, facevano forza sulle rispettive barre. “La nostra progettazione prevede una macchina del diametro di 4 metri e 85 centimetri e con un’altezza di 3 metri e mezzo - aggiunge Pinelli -. È telecomandata, gira e si alza grazie a un cilindro idraulico di sollevamento, con un’altezza massima raggiunta in 7 metri. L’elettronica, i materiali compositi e la sua struttura in alluminio sono nascosti da legno, corde e biancheria rinascimentale. È facilmente rimovibile e trasportabile”.