Mercoledì 24 Aprile 2024

E finalmente il maestro si rivela come tale anche nelle ispirazioni

A Milano una mostra spiega la sua grandezza: un genio grazie alle intuizioni dei predecessori

Lo spazio leonardiano aperto da Mario Taddei ed Edoardo Zanon a Milano

Lo spazio leonardiano aperto da Mario Taddei ed Edoardo Zanon a Milano

Leonardo come non si era mai visto, e come, in molti casi, neppure lui si vide. Da sei anni la mostra permanente milanese “Leonardo3. Il mondo di Leonardo” espone le riproduzioni in scala 1:1 dei progetti vinciani, alcuni modellini in scala ridotta ed elaborazioni in computer grafica dei suoi disegni e manoscritti. In tutti i casi ricostruzioni filologiche, basate cioè sullo studio analitico delle carte originali. Si sale l’ascensore di galleria Vittorio Emanuele, affacciato su piazza Scala, aspettandosi di ammirare le riproduzioni a grandezza naturale dei progetti leonardeschi e invece la prima cosa in cui ci si imbatte sono una serie di smentite di certa passata divulgazione grossolana. Il carro armato spesso attribuito a Leonardo? In realtà una copia di Valturio. Le bombarde a frammentazione? Una copia da Francesco di Giorgio. Il cosiddetto elicottero? Non una macchina volante destinata a sollevare un uomo ma un marchingegno a molla per dimostrare come l’aria potesse essere utilizzata come fonte di pressione. «Molti dei disegni più noti di Leonardo sono copie di autori precedenti», spiega Mario Taddei, socio fondatore e direttore del Museo. «Quando decise di presentarsi a Ludovico il Moro a Milano, Leonardo sapeva che il duca aveva bisogno di un ingegnere di corte, quindi si mise a studiare e copiare gli ingegneri e inventori del suo tempo e anteriori a lui. Dalla sua aveva il fatto di essere un ottimo artista, quindi capace di realizzare copie graficamente persino migliori degli originali. Ma che ad esse non aggiungevano nulla dal punto di vista tecnico. Al contrario, le vere invenzioni leonardiane spesso sono state semplificate all’eccesso nella vulgata e non comprese nella loro reale portata rivoluzionaria». Rivoluzione che si coglie invece chiaramente nelle sale del museo aperto privatamente nel 2013 da Mario Taddei ed Edoardo Zanon, a cui va il merito di aver sviluppato una divulgazione del genio toscano onesta e coinvolgente, capace di parlare ai bambini come agli adulti, senza rinunciare alla complessità o scadere nella banalizzazione. Un tipo di divulgazione raro in Italia, che infatti Mario Taddei ha imparato negli Stati Uniti: «Mi sono laureato in disegno industriale, ho insegnato per due anni computer grafica al Politecnico. Poi ho cominciato a lavorare per musei statunitensi creando software multimediali interattivi. Lì ho capito che lo scopo di tutto questo lavoro è comunicare e far venir voglia a un bambino di dieci anni di diventare Leonardo da Vinci. Altrimenti falliamo. Per fare questo però non si può prendere un’opera di Leonardo, magari la Gioconda, e semplicemente metterla lì e farla venerare. L’effetto sarebbe opposto». Per spiegare la grandezza di un genio bisogna invece mostrare come questo si è formato, da chi ha copiato, quali sono le sue fonti e i suoi maestri. E farlo con un linguaggio semplice e coinvolgente: schermi interattivi, caschi in realtà aumentata, macchine volanti sospese ed esperienze multisensoriali. Il risultato è una mostra che ha avuto quasi un milione di visitatori in sei anni, e che ogni tre mesi, attraverso i suoi laboratori a Pero, crea una nuova macchina. «Ci sono seimila pagine di Leonardo», spiega Taddei, «basta aprirne una qualsiasi per trovarci un progetto originale, nuovo, magari mai analizzato a fondo dagli studiosi. In ognuna di queste pagine ci sono più segreti che nella Monna Lisa».