Martedì 23 Aprile 2024

Con la lingua del disegno diede forma al movimento

Marzia Faietti analizza lo studio del ‘tratto distintivo” del maestro e ne elogia la fluidità: “con la sua tecnica ha anticipato lo sfumato”

DEL 1473 - Il famoso disegno di Leonardo, il primo da lui realizzato

DEL 1473 - Il famoso disegno di Leonardo, il primo da lui realizzato

Segue il suo pensiero. Lo illustra. «Alla “lingua” alfabetica somma quella grafica. La “lingua” del disegno». È attenta a ogni dettaglio quando parla del Genio di Vinci Marzia Faietti, già Direttrice del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, da anni impegnata nello studio del segno e della linea nel disegno italiano tra Quattrocento e Cinquecento. Dottoressa Faietti, cosa caratterizza il modo di usare la penna di questo inarrivabile artista? «Nel suo caso, la varietà tipologica e funzionale dei disegni è legata al fatto che egli “non solo esercitò una professione, ma tutte quelle ove il disegno si interveniva”, per dirla con le parole di Giorgio Vasari». In lui non sembra esistere un conflitto fra pittura e poesia, al di là delle sue dichiarazioni sulla superiorità della pittura sulla poesia; com’è possibile raggiungere un simile equilibrio? «La genialità dell’artista, capace di realizzare straordinari disegni, ma anche trattati scientifici arricchiti da note e schizzi, è proprio quella di riuscire a passare da un “linguaggio” all’altro, dal linguaggio figurativo al linguaggio dei segni alfabetici». Partiamo dal disegno di Leonardo datato 5 agosto 1473 «Il suo “Paesaggio”, proveniente con ogni probabilità dal più antico fondo collezionistico mediceo, è tanto celebrato da essere comunemente ricordato con il suo numero di inventario: 8P». Perché è così importante? «Può essere considerato tra i primi paesaggi autonomi nel disegno occidentale e si pone tra le più precoci testimonianze grafiche dell’artista. Con la data vergata in alto a sinistra, il prezioso foglio dichiara la sua appartenenza a una nuova stagione di Leonardo, ormai da diversi anni trasferitosi a Firenze. Il segno lineare vi è magistralmente declinato in una vasta gamma di tipologie per ritrarre ciò che esiste nella realtà naturale e allo stesso tempo suggerire ciò che si percepisce soggettivamente di quella realtà, senza mai addentrarsi in una descrizione dettagliata. Sembrerebbe quasi di trovarci di fronte a un manifesto programmatico del giovane artista e della sua visione stessa del disegno». Perché Leonardo, che pure continuò a usare il tratteggio parallelo ben oltre i primi anni Settanta, nel “Paesaggio” preferì adottare un tracciato diversificato? «Il suo intento era conseguire una trascrizione insieme naturalistica e astratta del dato di natura. Nel disegnare le forme naturali, l’artista non si lasciò infatti sedurre dalle attrattive di una diligente perizia mimetica; viceversa, abbandonandosi al ritmo fluente della penna, evocò liberamente forme vedute dal vivo, rivisitandole a memoria». Con quali caratteristiche? «Negli anni intorno al 1473, ereditando soprattutto dai Pollaiuolo il gusto per il paesaggio e la pratica dei disegni a penna, l’artista toscano mostrerà con il suo tratteggio variegato di voler superare i limiti della linea di puro contorno e del tratteggio parallelo per esprimere il senso delle lontananze, la consistenza impalpabile dell’atmosfera, lo sconfinamento dei singoli dettagli naturalistici in un indistinto continuum spaziale». Perché scegliere la scrittura a penna, la tecnica più difficile? «È vero. La penna non si cancella! Ma un grande maestro sa che quel tratto è il suo alfabeto ed esprime il suo linguaggio dei segni in modo aderente alla propria poetica, perciò non ne ha paura. Leonardo usa la penna per disegnare come uno scrittore la impiega per narrare. La sua indagine dei fenomeni naturali, dettata da una insaziabile curiosità, si coniuga alla necessità di raffigurare e descrivere nel modo più consono. In una continua interpolazione fra linea (linguaggio figurativo) e poesia (linguaggio alfabetico). Con risultati altissimi». In particolare? «Nella percezione del movimento della natura e dell’atmosfera. Il giovane maestro fa ricorso al tratto incrociato e al tratto parallelo in maniera fluida e originale, anticipando lo sfumato. E nel “Paesaggio” non ha ancora sviluppato l’uso della pietra rossa, che appare solo in minimi dettagli. Lo farà a Milano agli inizi degli anni Novanta, in vari studi. Ma questa è tutt'altra storia».