Creò un lessico anatomico ma si servì della tradizione

Aveva l’abitudine di indicare muscoli e ossa con le lettere dell’alfabeto e rimproverò alcuni suoi predecessori correggendo le loro affermazioni

Il feto nella placenta che si trova anche nella tavola V del Glossario Vinciano

Il feto nella placenta che si trova anche nella tavola V del Glossario Vinciano

Se, nella lingua anatomica di Leonardo da Vinci, si va a caccia di novità onomaturgiche della stessa portata delle novità che introdusse nelle arti figurative o nell’ingegneria, si rischia di rimanere delusi. Egli, infatti, adopera un lessico non isolato, né forzosamente innovativo, ma si poggia sulla tradizione medica che lo precede, come dimostra lo studio degli oltre 500 termini raccolti nel Glossario di anatomia pubblicato per Olschki (2019). Ciò non rende meno interessante il laboratorio lessicale vinciano della collezione dei fogli di Windsor, che tramanda la gran parte dei disegni anatomici.

FREQUENTANDO il lessico anatomico di Leonardo è possibile cogliere il vivace dinamismo di un uomo che si muove fra i tavoli settori delle accademie e delle università, che si procura libri, in volgare e in latino, che legge in volgare e in latino, per costruire liste di vocaboli pronte per l’uso. Nella sua biblioteca, infatti, sono presenti molti testi medici in volgare dei secoli precedenti come l’anatomia di Mondino dè Liuzzi e una riduzione in versi dell’Almansore (chiamata Cibaldone), prima enciclopedia medica in volgare italiano (pubblicata per SISMEL, 2011); i suoi scaffa i conservano una Chirurgia in volgare di Guy de Chauliac, e testi latini antichi come il De usupartium di Galeno, o coevi, come la Chirurgia di Gabriele Zerbi. La riflessione su questi ultimi testi rappresenta una delle novità emerse dallo studio del Glossario anatomico, che dimostra che Leonardo leggeva testi latini tradotti dal greco, come si vede nelle voci galeniche usate per indicare due delle membrane che proteggono l’embrione: allantoidea, calco sul greco mediato dal latino, o animus, usato al posto di amnios, passato per un errore di trascrizione dal testo latino a Leonardo.

E COSA SUCCEDE quando non riesce a trovare conferme o termini dalla tradizione precedente? In un paio di casi si rivolge al medico Mondino (Tu Mondino che dici...), vissuto nel XIV sec., in una fictio dialogica in cui corregge alcune affermazioni, quasi rimproverandolo. In molti casi, seguendo i modelli della geometria e della fisica, si limita a indicare con lettere (a, b, c) muscoli o ossa che individua rispetto alla tradizione medica precedente. Altrove ricorre alla lingua a lui contemporanea: per esempio si serve di parole della lingua comune come catena per parlare dei ventricoli del cuore; oppure ricorre a termini di registro più basso come codrione che, usato in fiorentino per indicare la coda degli uccelli, designa l’osso sacro nei fogli anatomici; o ancora adopera rostro della spatola per definire la scapola, perché la forma è simile al becco di uccello. Si serve di regionalismi soprattutto lombardi come pincerolo con cui indica il trago dell’orecchio. Infine, non sono pochi i casi in cui attua transfert lessicali dalle lingue specialistiche con cui viene a contatto durante i suoi lavori: dall’architettura prenderà in prestito emiciclo per denotare il seno aortico, e dall’ingegneria cardine, per definire i punti della parete aortica su cui fanno leva le cuspidi valvolari.