Giovedì 18 Aprile 2024

L’anatomia appresa a Milano e lo studio dei cadaveri a Pavia

In un libro di nadia gobbi, l’evoluzione di leonardo da vinci dalla pittura alla rappresentazione dettagliata del corpo umano

Uno degli elementi scultorei della facciata della Ca’ Granda

Uno degli elementi scultorei della facciata della Ca’ Granda

“L’interesse di Leonardo per l’anatomia umana nasce nel 1480, quando il genio toscano è pittore di corte di Ludovico Maria Sforza, signore di Milano”. Lo spiega Nadia Gobbi, archeologa, guida turistica e autrice del libro “Leonardo e Milano”, Meravigli edizioni. “Leonardo vive un grande coinvolgimento scientifico – continua - che lo porta a realizzare, il 2 aprile 1489, la prima pagina di un manoscritto (noto come ‘Manoscritto Anatomico B’) che voleva pubblicare con il titolo: ‘Libro sulla figura umana’. Rimangono 44 fogli di questo studio, ma il trattato non venne mai completato”. Ma qual è il motivo che porta Leonardo a intraprendere i suoi studi di anatomia? “A quei tempi, l’anatomia era considerata una “filosofia naturalè”. E Leonardo opera una grande rivoluzione nell’approccio a questa forma di filosofia che sconfina nella chirurgia. Leonardo, con genialità e coraggio ribalta il concetto di trattato di anatomia, che si basava fondamentalmente sulle parole e sulle descrizioni (come nel Fasciculus Medicinae, Venezia 1493), per dare maggiore importanza alle illustrazioni. Per Leonardo le parole diventano didascalie a commento delle immagini. I vantaggi sono indubbi: le illustrazioni permettono di mostrare bene tutti gli elementi del corpo, anche quelli che durante un intervento chirurgico potrebbero essere coperti dal sangue. Così, il grande genio, che aveva iniziato gli studi anatomici per creare rappresentazioni corrette e armoniche nelle opere d’arte, si trasforma in anatomista per la sua innata sete di ricerca”. A Milano, all’ospedale Ca’ Granda, ma anche all’Università di Pavia? “Certamente. Anche a Pavia nel 1510-11, con Marco Antonio della Torre, anatomista veneto e professore universitario. In una pagina autografa scritta intorno al 1510, Leonardo annota addirittura un elenco di oggetti e strumenti da portare nel viaggio che lo avrebbe condotto da Milano alla Facoltà di Medicina dell’Università di Pavia, dove poi avrebbe esaminato alcuni cadaveri. Tra le altre cose, troviamo un bisturi, una sega da osso, un sacchetto di noce moscata, una forchetta, una torcia, alcuni fogli di carta, una manciata di gesso, una cassa di cera bianca e anche un dente di animale”. In quegli anni, quindi, sezionare i cadaveri era consentito? “Sì, la dissezione era ammessa dal XIII secolo, innanzitutto per l’esame autoptico del corpo di chi era morto in circostanze dubbie e poi a scopo didattico, per conoscere meglio gli organi e l’architettura del corpo umano. La prima università a permetterlo fu quella di Bologna. E lo stesso Papa Sisto IV, nella ‘De cadaverum sectionè (1472), dichiara gli studi anatomici ‘utili alla pratica medica e artistica’.” E l’ospedale Ca’ Granda era luogo di cura e ricerca all’avanguardia. “Sì. L’hospitale grando, oggi sede dell’Università degli studi di Milano, nacque per decreto di Francesco Sforza che voleva conquistare il favore dei milanesi. Il progetto fu avvantaggiato dall’innovativa riforma ospedaliera voluta dall’arcivescovo di Milano, Enrico Rampini. E la realizzazione della grande opera fu affidata al fiorentino Antonio di Pietro Averlino, detto il Filarete, (1400-1469), architetto molto apprezzato nello sviluppo dell’urbanistica rinascimentale. L’opera del Filarete fu indubbiamente pregevole oltre che per la lucida visione progettuale degli edifici, anche e soprattutto per la sensibilità dimostrata nella soluzione dei problemi tecnico-sanitari”.