Martedì 23 Aprile 2024

SUPER JACOBS ALLA GUIDA DEGLI UOMINI-JET

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di Leo Turrini

Chiedi chi erano i Beatles, cantavano (magnificamente!) gli Stadio del grande Curreri. E forse noi, fra qualche anno, ci chiederemo chi erano i Beatles della 4x100 Azzurra nel cuore dello stadio di Tokyo. Loro, i Fab Four della velocità. I cavalieri che fecero l’impresa, come in un film di Pupi Avati del 2001. Nel 2021, in una memorabile notte giapponese, Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Faustino Eseosa Desalu e Filippo Tortu hanno davvero realizzato un kolossal cinematografico, un capolavoro da Oscar. E tanto per restare in tema hollywoodiano, il loro era già un… sequel. Infatti avevamo calpestato il sentiero dritto della Leggenda, con la maiuscola, appena qualche giorno prima. Stesso stadio, stesso vuoto pneumatico da Covid, stessa straniante sensazione di assistere in diretta ad un miracolo.

Jacobs, chi era costui? Gli amici e colleghi anglosassoni se lo stanno ancora chiedendo, a distanza di mesi. Nella loro atavica presunzione, tra Londra e Los Angeles non avevano studiato la progressione di Marcellino pane e vino. Già protagonista nelle gare indoor e in costante crescita su quel rettilineo, i 100 metri, che mai nemmeno aveva visto un italiano ai blocchi di partenza di una finale olimpica. In 125 (centoventicinque) anni di storia a cinque cerchi.

Da quella coltre di indifferenza mista a scetticismo, Jacobs è sbucato come una saetta scagliata da Zeus. Lui sì che aveva studiato cosa fare e come farlo. Lui che si tira dietro una storia difficile, un padre americano assente e lontano, la ricerca di una dimensione esistenziale sulle piste della atletica leggera, ecco, proprio lui ha raccolto l’eredità di un mito assoluto come Usain Bolt. Ci sta che gli stranieri abbiano provato uno shock.

Onestamente (e per dirla tutta) forse Marcellino pane e vino ha sbagliato a sottrarsi agli appuntamenti agonistici post olimpici. Di solito il re dei 100 metri porta in giro la sua gloria, invece di ritrarsi. Eppure, mettiamoci nei panni di Jacobs. Mica è finita lì, con quella volata precipitata tra le braccia aperte di Gimbo Tamberi. C’era ancora il secondo tempo del film. La staffetta. Si fa persino fatica a capirlo, il secondo miracolo di Marcellino pane e vino, confezionato insieme ai compagni di squadra. E dunque rinuncio a spiegarlo, se non ricorrendo ad una interpretazione che con lo sport c’entra fino ad un certo punto.

Si fa un gran parlare, lo sapete, di integrazione e di inclusione, come valori che promuovono lo sviluppo della società civile. E allora raccontatela nelle scuole la storia di Lorenzo Patta, tamburino sardo. La storia di Eseosa Desalu, italiano di nuova generazione. La storia di Filippo Tortu, figlio d’arte che sembrava perduto, capace del guizzo estremo che ha inflitto l’ennesima amarezza agli spocchiosi sudditi di Sua Maestà Elisabetta. Sommate questi dati biografici a quanto già illustrato a proposito di Jacobs e alla fine aprite gli occhi. Esiste davvero, una Italia così. Non ce la siamo sognata a Tokyo, nell’estate delle mille emozioni.