Giovedì 25 Aprile 2024

BERRETTINI L’ERBA PIÙ VERDE VERSO IL TOP

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di Paolo Grilli

Il pregio più evidente di Matteo Berrettini, visto su un campo da tennis, è il fatto di essere poco italiano. Non se la prenda: ma il suo fisico da gladiatore, e il suo gioco così attuale, tutto incentrato su una ragionata potenza, rappresentano un unicum per gli azzurri e la loro storia, proiettandolo di diritto nell’Olimpo del gioco. Poco italiano, il colosso di Roma, lo è stato anche arrivando in finale a Wimbledon l’11 luglio scorso. Nessuno dei nostri c’era mai riuscito, da quando il torneo più prestigioso del mondo vide la prima edizione nel 1877.

Matteo ha scritto così di suo pugno metà della storia in quell’indimenticabile domenica estiva che ha esaltato l’Italia a Londra sul filo del sogno. Non ha vinto, d’accordo: di fronte aveva Novak Djokovic, mostro sacro della racchetta, semplicemente mostro quando te lo ritrovi dall’altra parte della rete. Berrettini ha vinto il primo set 7-5, salvo poi arrendersi cedendo i successivi 2-6, 3-6, 3-6. Ma non ha mancato di meritarsi l’ovazione del Centrale. I privilegiati spettatori della finale erano convinti di assistere al dominio di Nole e hanno invece scoperto un giocatore, Matteo, con tutte le credenziali per prendersi la vetta del tennis.

Già al Roland Garros ‘Nole’ nei quarti aveva impiegato quattro sudati set per battere il nostro, altrettanti, dopo Wimbledon, gli sono serviti poi a New York ancora nei quarti di finale degli Us Open. C’è ancora distanza tra i due, ci mancherebbe, ma ora è misurabile. E si riempie di aspettative per noi. Detto dell’avventura luccicante negli Slam, Matteo ha saputo costruire la sua super annata vincendo in aprile il torneo di Belgrado (battuto Karatsev in finale) e soprattutto a giugno quello del Queen’s a Londra (Norrie ko), nobile antipasto di Wimbledon sull’erba. La sconfitta nella finale di Madrid contro Zverev in tre set a maggio aveva solo confermato il livello del nostro gigante, che aveva avuto un inzio d’anno travagliatissimo con l’infortunio agli addominali patito agli Australian Open.

Lo stesso acciacco che poi, a novembre, ha privato terribilmente Matteo dell’orgoglio di sfoggiare la sua classe davanti al pubblico di casa alle Atp Finals di Torino. Giusto alcuni giochi contro Zverev, poi quella fitta che lo ha fatto piangere ancora. Il pubblico del PalaAlpitour passa dall’eccitazione allo sconforto nel tempo di una volée. Nonostante tutti i tentativi per proseguire il torneo, il forfait che ha aperto la porta delle Finals al suo sostituto, Jannik Sinner, in una sorta di staffetta azzurra dal buonissimo profumo di futuro. Matteo ha dovuto metabolizzare il ritiro nel torneo che doveva consacrarlo in casa. Ora però l’attende l’Open di Australia, E’ il solo torneo dello Slam, tra i quattro, in cui non ha mai superato gli ottavi. Il cemento veloce di Melbourne però sembra fatto per lui. Lì, nell’altro emisfero, può fare sua un’altra estate.