Martedì 23 Aprile 2024

Il mare più alto fa tanto male

Migration

Ci sono aree del mondo in cui il clima impazzito sta già incidendo profondamente nella vita quotidiana delle popolazioni che le abitano. In Bangladesh le stagioni sono sempre state sei ma oggi quella scansione storicamente valida è smentita da temporali sempre più violenti, inondazioni, allagamenti. Osserva l’attivista ventiduenne Farzana Faruk Jhumu: "Dhaka sembra più un fiume che una città". Una situazione che si allarga anche ai villaggi del delta del Gange e che induce milioni di persone a spostarsi, solo che nei sobborghi della capitale la situazione è più o meno la stessa, con tutte le conseguenze che ciò comporta, tra malaria, febbre dengue e altre malattie trasmesse dalle zanzare. Considerando che il 28% della popolazione bengalese vive sulle coste, questa migrazione sta producendo sconvolgimenti epocali. Anche perché le prospettive e le proiezioni al 2050 indicano un ulteriore aggravamento delle condizioni dell’habitat. Il mare dovrebbe innalzarsi di circa 50 centimetri e quindi invadere almeno l’11% del territorio costiero.

La risalita delle acque salate incide anche sulle falde freatiche che quindi tendono ad assottigliarsi per la contaminazione marina, creando conseguenze catastrofiche sui 33 milioni di abitanti che da quelle fonti traggono il loro approvvigionamento. Uno studio del 2008 del London Imperial College e del Bangladesh Centre for Advanced Studies ha approfondito il rapporto tra salinità dell’acqua e salute femminile, in particolare delle donne in gravidanza, arrivando alla conclusione che nelle aree costiere dove il fenomeno è più evidente e diffuso l’incidenza di pre-eclampsia e ipertensione gestazionale presentava picchi assenti nell’interno del Paese. Le fonti da cui la popolazione rurale si rifornisce sono gli stagni, i fiumi, i pozzi, la cui salinizzazione è determinata proprio dal livello più alto del mare che penetra fino alle falde acquifere, rendendo la qualità dell’acqua potabile inaccettabile secondo i parametri stabiliti dall’Organizzazione mondiale della Sanità.